Tra le tante problematiche che il nostro Pianeta sta subendo da decenni, dall’inquinamento globale allo scioglimento dei ghiacci delle calotte polari, ce ne è una che preoccupa gli scienziati sia per la sua portata, sia perché non se ne conoscono le cause. Si tratta di un progressivo indebolimento del campo magnetico terrestre, che potrebbe provocare gravi conseguenze per il Pianeta.
Stando infatti alle ricerche degli scienziati specializzati in questo campo, è emerso infatti che il campo magnetico della Terra negli ultimi due secoli ha perso circa il 9% della sua forza. Con una “concentrazione di debolezza” localizzata tra l’Africa e il Sud America, una zona che viene spesso chiamata Anomalia del Sud Atlantico.
Il campo magnetico terrestre è di fatto una forza, che arriva dal nucleo della Terra, che protegge il Pianeta dalle radiazioni che provengono dallo spazio e dai cosiddetti venti solari. Il nucleo terrestre, che si trova a 3.000 km in profondità, è una sorta di conduttore che genera correnti elettriche e crea questo “campo” senza il quale la vita sulla Terra non potrebbe sussistere.
Il primo teorico del campo magnetico terrestre a darne una esatta configurazione è stato Gauss, che nel 1832 lo assimilò al campo prodotto da un dipolo, situato al centro della Terra e che forma un angolo di 11,3° con l’asse terrestre.
Secondo le teorie scientifiche degli ultimi decenni, il campo geomagnetico è composto da tre parti. Le prime due appartengono al campo interno e la terza all’esterno. Il più interno è il campo nucleare che, sebbene variabile nel tempo, cambia in modo relativamente lento ed ha origine nel nucleo esterno ad opera di sistemi di correnti elettriche. Il suo contributo al campo totale è maggiore del 94% e riguarda i termini armonici fino al dodicesimo ordine circa.
La parte intermedia è costituita dal campo crostale, generato da rocce magnetizzate dal campo nucleare, che crea anomalie magnetiche locali. Il suo contributo è dell’ordine di qualche punto percentuale e riguarda i termini armonici superiori all’ordine 15.
La terza parte del campo magnetico terrestre è composta dal campo esterno o atmosferico e dal campo indotto interno. Il primo è generato da correnti elettriche prodotte nell’atmosfera terrestre per interazione del campo magnetico con il vento solare e il secondo da un campo indotto nella crosta e nel mantello dalle stesse correnti. Il contributo dei due campi è compreso tra qualche punto per mille e qualche punto percentuale.
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La cosiddetta “anomalia del Sud Atlantico”, negli ultimi anni, sembra sia stata associata a un secondo “campo di minima intensità” che si trova a Sud Ovest dell’Africa: l’interazione tra queste due zone “depresse” potrebbe comportare la separazione dell’Anomalia del Sud Atlantico in due parti distinte.
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«Il nuovo minimo orientale dell’anomalia è apparso nell’ultimo decennio e negli ultimi anni si sta sviluppando vigorosamente. Siamo molto fortunati ad avere i satelliti Swarm in orbita per studiarne lo sviluppo. La sfida ora è comprendere i processi nel nucleo della Terra che guidano questi cambiamenti». Così Jürgen Matzka, scienziato del Centro ricerche tedesco per la geoscienza, spiegando che gli scienziati dello Swarm Data, Innovation and Science Cluster (DISC) stanno utilizzando i dati della costellazione di satelliti Swarm dell’ESA per comprendere meglio questa anomalia.
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