La Confindustria sottolinea nuovamente la necessità di procedere ad un rinvio dello switch off al nuovo digitale terrestre DVB-T2: migliaia di famiglie non saranno in grado di adeguarsi a dovere
L’imminente inizio dello switch off al nuovo digitale terrestre DVB-T2 continua a far discutere: dal 1° settembre ben 7 regioni daranno il via ad un passaggio che ha come data di arrivo nazionale il 30 giugno 2022. Eppure, la domanda che in molti si sono fatti è: siamo davvero pronti?
Qualche giorno fa abbiamo infatti spiegato che – secondo una recente indagine condotta dalla Fondazione Ugo Bordoni – sebbene il 92% dei nuclei familiari italiani (ovvero 21,8 milioni) possiede un televisore compatibile con l’MPEG4, soltanto il 49,6% delle famiglie che si affidano al digitale terrestre (pari ad 11,8 milioni) risultano attrezzate per il DVB-T2. Ciò significa che la la parte restante (50,4%) sarà costretta a cambiare TV o ad acquistare un decoder in grado di supportare il nuovo standard di trasmissione. In questa “fascia” rientrano anche 2,3 milioni di famiglie che accedono alla TV tramite altre piattaforme (satellite, streaming e altro) e circa 700.000 che attualmente non possiedono un televisore nelle proprie abitazioni.
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Dati non proprio incoraggianti, che hanno alimentato le voci di una possibile battuta d’arresto nel percorso verso il nuovo standard della TV digitale. Lo switch off al DVB-T2 potrebbe infatti essere posticipato, come nuovamente richiesto dalla Confindustria durante l’ultimo fine settimana. In una lettera inviata al ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, la Confindustria ha evidenziato come “la trasformazione richiesta alla televisione non dovrà comportare né la perdita di utenti né la perdita di ascolti“, e per questo motivo ha chiesto l’eliminazione dell’obbligatorietà “di dismissione del codec video-audio MPEG2 su tutto il territorio nazionale a partire dal 1° settembre 2021“. Il motivo di questa richiesta è molto semplice: entro l’autunno sarà impossibile colmare il gap tra vecchi e nuovi apparecchi.
Se questa richiesta venisse accolta, si farebbe sempre più avanti la possibilità di un “periodo di convivenza” tra vecchia e nuova televisione digitale. Questa fase di transizione darebbe infatti il tempo necessario alle famiglie per cambiare apparecchi e decoder non idonei, ma anche alle emittenti locali per prepararsi meglio allo switch off nazionale. Questo modello di trasmissione prende il nome di “simulcast” e potrebbe trovare impiego anche dopo le varie scadenze.
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Nella lettera inviata al ministro Giorgetti, la Confindustria ribadisce infatti che “ad oggi è ancora drammaticamente molto elevato e incomprimibile nel breve periodo il numero di apparecchi televisivi non idonei a ricevere la nuova Tv digitale”. Si chiede quindi al Governo un passaggio più flessibile e meno rigoroso, caratterizzato dalla non obbligatorietà di attivazione del nuovo standard almeno fino a quando la diffusione non sarà capillare.
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