C’erano una volta penna, carta e calamaio. Sono arrivati i personal computer e il passaggio è stato automatico. Ora i dati degli utenti italiani vengono tenuti in uno dei più grandi soggetti del Belpaese. Che gestisce informativi per la pubblica amministrazione.
Mille metri quadrati, circa 6000 sistemi, sei petabyte (la quinta potenza di 1000) di storage, dischi rigidi, apparati di rete, quello che a casa di un utenti è un normale router con funzioni equivalenti, al CSI Piemonte è lo stesso, ma a livello industriale.
I server del Consorzio per il Sistema Informativo, che dal 1977 opera nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non possono essere mai spenti, ma continuamente raffreddati, per una temperatura a livello stabile. Dati della sanità, dati delle regione, l’equivalente di sei scaffali in un piccolo armadietto. Ecco dove finiscono e vengono protetti i nostri dati.
Laddove prima si facevano con i fogli excel, per non dire mano, adesso c’è il data center piemontese: qui il monitoraggio della piattaforma Covid, dove si registrano i dati dei contagi o i risultati dei tamponi. Qui tutti i volumi di dati della pandemia, 2020 e 2021. Ma non solo: qui c’è tutto.
“Abbiamo una serie di sistemi che ci consentono di monitorare in tempo reale il funzionamento delle infrastrutture, con un particolare focus anche a tutti gli aspetti di cyber-sicurezza”. Così Pietro Pacini: “Dobbiamo gestire 50-60-70mila attacchi informatici al giorno – spiega il direttore generale del CSI Piemonte – il più recente che abbiamo gestito è quello del Comune di Torino. Ormai è una nuova leva di crimine a cui far fronte.
La protezione è alta, molto alta, perché ormai i cyber-criminali entrano nei sistemi per trafugare dati e carpire segreti industriali, per chiedere dei soldi sotto forma di riscatti (gli ormai famosi ramnsoware), oppure lo fanno per disporre di questi dati con il fine di metterli in vendita sul dark web. Un pannello monitora tutto, quando la curva è bassa, vuol dire che ci sono condizioni, normali, viceversa ecco il sintono di eventuali tentativi di esfiltrazione, combattuti con dei processi e metodi predefiniti, non a braccio“.
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“Il CSI un consorzio – continua Pietro Pacini, sempre in un’intervista a La Repubblica – una realtà unica in Italia da questo punto di vista. E’ un pluri-partecipato, con 130 soci, tutti enti pubblici di diversa natura, dalla regione ai comuni, un consorzio in espansione”. Da Torino a Roma passando per Milano.
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Il cittadino (ma anche le imprese) fornisce i dati alla pubblica amministrazione: prima si registrava tutto in modo cartaceo, poi l’inevitabile passaggio informatico. Ora c’è il CSI con il suo data center. “Ha i più ampi requisiti di affidabilità – conclude Pietro Pacini – gestisce i dati in Italia con un cloud italiano, un progetto che viene da lontano, un progetto avveniristico, dentro anche le Università”. Un progetto da preservare e soprattutto proteggere.
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