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Buchi Neri, identificato l’anello mancante della loro evoluzione

È stato finalmente compreso il processo di creazione per i buchi neri, e adesso che lo sappiamo siamo in grado di spiegarlo correttamente.

Rappresentazione della galassia Andromeda, la quale si presenta in un modo simile a come la vediamo in questa immagine – MeteoWeek.com

Nella galassia di Andromeda, chiamata ALIAS M31, gli scienziati hanno studiato i cambiamenti nella luce per identificare un buco nero grande quasi 100.000 volte la massa del Sole. Questo, dunque, è essenziale per definire il modo con cui si ingigantiscono.

Ed è difficile capirlo perché sembra che siano in grado di ingannare, senza volerlo, gli astronomi. Difatti, non producendo materia non possono emettere nessuna luce utile e che possa far rilevare la loro posizione. Le ricerche, per questo, sono diventate sempre più complicate da eseguire.

Un altro indizio che segnala la presenza di buchi neri, per esempio, sono le orbite degli oggetti che li circondano. Alcuni di loro hanno una massa stellare enorme o super massiccia, con un intervallo di partenza di circa un milione di volte la massa del Sole. Nel mezzo ce n’è uno, però, classificato come intermedio.

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Non a caso è soltanto con questi particolari buchi neri che gli astronomi siano in grado di spiegare l’esistenza di due masse molto diverse, e il ritrovamento di queste creazioni potrebbe aiutarci a capire in che modo riescano a diventare così grandi.

I risultati degli studi

Grazie a queste ricerche, probabilmente sapremo sempre più informazioni sui buchi neri – MeteoWeek.com

Ed è per questa ragione che ci siamo concentrati su Andromeda, posto in cui è situato un ammasso di stelle sferico chiamato B023-G078 e con ben 6,2 milioni di masse solari. Praticamente delle dimensioni gigantesche e impensabili.

Secondo gli astronomi, questi modelli hanno modo di formarsi nel momento in cui, una galassia, si unisce con un’altra. Così facendo pure i buchi neri ottengono la possibilità di diventare sempre più grandi nel corso del tempo.

A giudicare dallo studio sulle origini della massa, fatta dal team di scienziati del professor Renuka Pechetti della John Moores University di Liverpool, hanno compreso che abbia una età di 10,5 miliardi di anni, con una metallicità simile a quella di altri nuclei galattici già presenti nella Via Lattea. Studiando il modo in cui le stelle si muovono, inoltre, sono arrivati alla conclusione che vi siano almeno 91.000 masse solari e che costituiscono soltanto l’1,5% della massa totale della sfera.

Dalle analisi, quindi, non possono non pensare che la galassia madre di B023-G078 fosse un universo nano, con circa un miliardo di masse solari in totale. La più grande, ossia la Grande Nube di Magellano, è stata calcolata a 188 miliardi di masse solari, e si stima che Andromeda possa misurare fino a 1,5 trilioni di masse solari.

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Concludono le loro ricerche con una dichiarazione, nella quale viene affermato che: “Crediamo nella presenza di un singolo IMBH e che B023-G78 sia un nucleo spogliato, così come indicato dall’apparente compattezza della componente scura“.

Sebastiano Spinelli

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