L’ultimo intervento del Garante della privacy servirà a mettere un paletto alle app che raccolgono dati in maniera fraudolenta senza la nostra esplicita autorizzazione
L’apertura di un ennesimo fascicolo da parte del GDPR, coadiuvato dalle risorse del Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza, è prezioso ma sopratutto rappresenta un paletto importante stabilito nella costante lotta per il diritto alla privacy dei cittadini.
Sarà capitato a tutti di scaricare una applicazione, fosse per passatempo, per gioco, o per lavoro. E ignorare totalmente quell’infinita serie di sequele e testi scritti che, diciamoci la verità, non legge quasi mai nessuno. Ecco, se siamo tra quelli che ignorano a piè pari i contenuti di queste comunicazioni, dovremmo fare un passo in dietro.
Spesso all’interno delle comunicazioni, magari in un trafiletto in fondo, potremmo aver ovviato di leggere una scomoda liberatoria. In pratica accettando con un flag il testo stiamo dando alle app la possibilità di accedere alle fotocamere e a tutti le conversazioni audio che effettuiamo.
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Comprendiamo quindi che acquisire questa consapevolezza e l’arma migliore che abbiamo a disposizione per contrastare l’appropriazione fraudolenta delle nostre informazioni. Ma grazie al Garante, presto le attuali abitudini illegittime dei fornitori potrebbero cambiare.
L’intervento dell’autorità amministrativa è scattato dopo l’esperimento interattivo condotto durante la trasmissione satirica Striscia la Notizia, da parte del consulente digitale Marco Camisani Calzolari, noto con l’acronimo MCC. L’inviato, specializzato in divulgazione in semplice e accessibile di tutti gli argomenti legati alla tecnologia, alle piattaforme social, al mondo del gaming e all’innovazione in generale, ha infatti coinvolto il pubblico da casa in una singolare attività.
MCC ha chiesto agli spettatori di alzare il volume della tv, avvicinare lo smartphone, e lasciarlo acceso. Il tutto mentre venivano pronunciate frasi specifiche legate al mondo del mercato dell’auto, dell’acquisto di un nuovo mezzo, e di varie funzionalità prestazionali. Successivamente si invitava gli utenti a verificare che nei giorni successivi non venissero travolti da pubblicità anomala con a tema automobile.
L’obiettivo era quello di verificare con certezza che della app, anche le più indifferenti, utilizzassero microfoni e fotocamere per accedere alle nostre informazioni, e vendere alle società di marketing parole chiave legate alla nostra routine.
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E qui che interviene il Garante. A seguito dell’episodio, l’istituto ha deciso l’apertura di una indagine volta ad approfondire meglio quali siano le modalità con le quali si può andare incontro ad una frode, anche involontariamente. Il fine è quello di confermare che il modulo di informativa, sottoposto agli utenti che scaricano le app, sia un documento trasparente, chiaro e comprensibile. Ma sopratutto permetta ai cittadini di prendere scelte consapevoli in ambito di tutela della propria privacy.
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