TikTok ancora una volta finisce nella bufera e, dopo la collocazione nella sua nuova sede europea a Dublino, rischia gravi sanzioni da parte della commissione internazionale
Che TikTok avesse gia ricevuto precedentemente degli allert importanti da parte dei governi nazionali era un fatto risaputo. Specialmente quello italiano sembra però essere il più attivo in tal senso. Non smettendo mai di bacchettare il social per la sua politica di gestione della privacy alquanto manchevole.
La piattaforma rappresenta in se una mina vagante, sotto molti punti di vista. Innanzi tutto la prima domanda da porsi è dove finiscono i nostri dati una volta effettuata la registrazione, e soprattutto, chi li detiene e che uso ne fa.
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Dovremo fidarci delle comunicazioni di TikTok quindi che ci tranquillizza informando i propri utenti della presenza di un database collocato fuori dalla spazio di manovra europeo. L’archivio tuttavia comincia a portare con se numeri enormi, si parla di circa dodici milioni di profili sul solo territorio nazionale e oltre decine di milioni del continente. E va da se che una semplice dichiarazione non basta più, considerando che la maggior parte dei profili appartiene a minori. Perché, in parte, è su questo tasto delicato che si gioca la partita.
Il governo italiano alle prese con al questione TikTok e le risposte ancora inattese relative al dossier presentato a Dublino
Nessuna tutela, nessun controllo, nessun limite di età. Una potenziale bomba ad orologeria che rischia di esplodere da un momento all’altro. D’altronde la sequela di contestazioni che si è abbattuta sul social non è che un filone complesso di inadempienze e mancate tutele per la sicurezza delle informazioni e degli utenti.
Il dossier presento a maggio dal Garante della privacy sulle scrivanie della sede europea dell’azienda a Dublino la dice lunga. Molti interrogati e annose questioni di natura non solo legale, restano ancora senza una risposta da parte dei canali ufficiali della società. Nessuna nota prodotta, nessuna risposta.
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Anche la Data Protection Commission irlandese, l’organo preposto al controllo delle attività del Big Tech è finita dunque nell’occhio del ciclone. In primo luogo le viene contestata una scarsa vigilanza nei confronti delle aziende che hanno sede nel suo territorio nazionale. Ma vi è di più.
Qualcosa si sta effettivamente muovendo, e anche l’Irish Council on Civil Liberties si è schierato pesantemente contro l’ente preposto al controllo, accusandolo di portare avanti una politica morbida. Secondo le sue valutazioni le ammende e le multe, rivolte a società analoghe a TikTok, sarebbero da rivalutare con impennate superiori al 98% del valore di ammenda stimato.