L’Europa di traverso sulla marcia inesorabile della più grande Internet company al mondo. Multa record nei confronti di Amazon: 888 milioni di dollari, circa 746 mln di euro in merito alla violazione del GDPR europeo che regolamenta il trattamento dei dati personali. E’ la più grande sanzione nei confronti di un Big Tech, nel Vecchio Continente.
La super multa l’ha inflitta, lo scorso 16 luglio, l’Autorità per la protezione dei dati del Lussemburgo, per aver violato le rigide leggi sulla protezione dei dati dell’UE, note come GDPR. La multa è arrivata dalla CNPD lussemburghese a seguito di un’indagine sul modo in cui Amazon elabora i dati dei clienti ed è stata rivelata attraverso un documento normativo, secondo Bloomberg.
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L’indagine è partita da una denuncia, nel 2018, del gruppo francese per la privacy “La Quadrature du Net”, che si è fatta subito paladina degli interessi di migliaia di europei, con il fine di garantire che i loro dati non dovevano utilizzati dalle grandi aziende tecnologiche per scopi politici o commerciali. Non è la prima volta che accade, al netto della multa record.
Amazon si difende così: “Multa sproporzionata. Abbiamo già pianificato il ricorso in appello”
Sono anni che Amazon (ma non solo) è sempre più sotto esame sia in patria sia all’estero per il modo in cui utilizza i dati dei clienti. I regolatori temono che non solo le politiche di elaborazione dei dati del colosso di Jeff Bezos possano violare la protezione della privacy per i consumatori mentre fanno acquisti online.
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Sempre nel 2018, le autorità per la protezione dei dati in tutta Europa hanno ricevuto maggiori poteri da esercitare contro le aziende, tipo Amazon, che non sono riuscite a proteggere i dati delle persone o non li hanno utilizzati in modo appropriato con l’introduzione del GDPR. Se le aziende non rispettano i propri obblighi, l’autorità di regolamentazione nazionale del paese europeo in cui hanno sede, ha la possibilità di emettere sanzioni fino al 4% delle entrate globali. Poiché Amazon ha sede in Lussemburgo, spetta al CNPD decidere se l’azienda rispetta le regole.
Amazon, naturalmente non ci sta. E contesta dichiaratamente la sentenza dell’UE, attraverso un suo portavoce. “Siamo fortemente in disaccordo e per questo è stato già pianificato il ricorso in appello. La decisione relativa al modo in cui mostriamo ai clienti pubblicità pertinente si basa su interpretazioni soggettive e non testate della legge europea sulla privacy – tuona – la sanzione proposta è del tutto sproporzionata”. Se anche in secondo grado dovesse essere confermata la sanzione, sarebbe la multa più grande per violazione del GDPR europeo, di gran lunga. Basti pensare che Google nel 2019 fu sanzionato “soltanto” con 50 milioni di euro, sempre per indebita raccolta dei dati personali degli utenti.
A livello globale, il controllo normativo dei giganti della tecnologia è aumentato a seguito di una serie di scandali sulla privacy e disinformazione, nonché delle lamentele di alcune aziende che abusano del loro potere di mercato.
Amazon e Google, ma anche Apple è stata accusata dai regolatori antitrust dell’UE, per aver abusato del suo dominio nel mercato dello streaming musicale, tramite regole restrittive, in risposta a una denuncia presentata da Spotify Technology. Il caso è uno dei quattro portati dalla Commissione europea al produttore di iPad, che potrebbe portare a una multa fino al 10% del fatturato globale di Apple, nonché a modifiche al suo redditizio modello di business. Il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE, o GDPR, richiede alle aziende di chiedere il consenso delle persone prima di utilizzare i loro dati personali o incorrere in multe salate.