Diagnosticare il Parkinson attraverso le tastiere dei computer? E’ possibile, grazie ad un progetto sviluppatosi al MIT e ad un super computer progettato a Pisa. Ecco le ultime novità in arrivo.
La medicina sta facendo passi da gigante per quanto riguarda l’entrata tech del settore. Ne avevamo parlato diverse volte, in questo articolo ad esempio, dove spiegavamo che un super computer sarebbe stato in grado di scegliere le cure adatte per la nostra diagnosi .
Ora, un’importante scoperta nel settore delle malattie neurodegenerative, ovvero che colpendo il sistema nervoso e il cervello diventano sempre più invasive e farti, fino a portare il malato in uno stato tutt’altro che semplice.
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Un super computer e l’intelligenza artificiale potranno diagnosticare precocemente malattie cerebrali come il Parkinson e altre malattie neurodegenerative come Alzheimer, demenza senile e altre.
A Pisa infatti, nell‘Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stata inaugurata la macchina dedicata all’analisi di immagine mediche:
“La malattia di Parkinson” ha spiegato Pietro Bertolaccini, direttore della Medicina nucleare di Massa “è una malattia neurodegenerativa che colpisce molte persone nel mondo: non sempre si riesce a diagnosticarla in modo precoce, mentre sarebbe molto utile farlo per impedire il decorso degenerativo della malattia. Un intervento in fase pre clinica permetterebbe la gestione ottimizzata del paziente e di rallentare la progressione della malattia”.
I soggetti affetti dal morbo di Parkinson hanno abilità motorie ridotte, in quanto la malattia neurologica degenerativa colpisce la produzione di dopamina, creando uno squilibrio tra i centri nervosi che controllano i movimenti e provocando tremori, lentezza nei movimenti e difficoltà motorie.
Oltre a questo lavoro di ricerca tramite il super computer,, sono stati attivati dei protocolli di analisi di immagini radiografiche di polmoniti virali Covid e, nel futuro, per lesioni tumorali di vario genere.
“Elemento fondamentale in questi studi è l’utilizzo di moderni algoritmi di intelligenza artificiale” ha spiegato Roberto Cappuccio, ricercatore associato all’Infn di Pisa “come le reti neurali convoluzionali, estremamente efficaci nell’analisi di immagini e nel riconoscimento e classificazioni di strutture anche complesse all’interno di immagini digitali”.
Secondo Riccardo Paoletti, docente dell’ateneo senese, “l’intelligenza artificiale consiste nella creazione di algoritmi di apprendimento automatico che vengono addestrati e migliorano attraverso l’esperienza, imparando dai dati forniti quali le immagini diagnostiche mediche: oltre alla fisica medica, questi metodi sono utilizzati in molti altri ambiti, come la fisica delle particelle elementari o l’astrofisica delle alte energie”.
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Uno studio realizzato direttamente dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) vuole dimostrare come il modo in cui noi utilizziamo la tastiera di un computer possa dire molto sullo stato delle nostre funzioni motorie.
Gli scienziati sono al lavoro per perfezionare l’algoritmo, attualmente hanno testato 21 persone malate e 15 sane e hanno potuto riscontrare evidenti variazioni tra le tempistiche di digitazione, per questo stanno per estendere il test ad un numero maggiore di soggetti con la speranza di poter trovare un metodo di diagnosi efficace, non invasivo e precoce.
Ci sarebbero infatti differenze sensibili tra la velocità di digitazione di un soggetto completamente attivo e uno con abilità motorie ridotte.
“Le nostre dita si muovono perché la corteccia motoria primaria invia alcuni segnali a diverse regioni del cervello, tra le quali l’area motoria supplementare, il cervelletto e i gangli della base” spiegano gli studiosi Luca Giancardo, Alvaro Sanchez-Ferro, Carlos Sanchez Mendoza e Ian Butterworth “Queste aeree del cervello attivano i neuroni spinali che stimolano i muscoli ad eseguire il movimento”.
L’algoritmo degli scienziati del MIT riesce a conteggiare le informazioni temporali relative alla digitazione su tastiera, quanto tempo il soggetto impiega a premere e rilasciare il tasto durante la battitura, e permette di evidenziare le caratteristiche che differiscono quando i soggetti che digitano non sono nel pieno delle proprie capacità motorie.
Per arrivare a questo punto hanno testato 14 volontari sani del MIT ai quali è stato chiesto di digitare alcuni articoli da Wikipedia sia durante il giorno, quando erano completamente svegli, che durante la notte, con la stanchezza della giornata sulle spalle.
Tutti sono infatti stati svegliati circa 80 minuti dopo essersi addormentati, quando cioè si trovavano nella fase più profonda del ciclo del sonno. In questo secondo caso, i dati raccolti dall’algoritmo hanno dimostrato un’evidente variazione, rallentamento, delle tempistiche di digitazione.
Quello che succede ai malati di Parkinson.
Gli studiosi del MIT sostengono che analizzare i tempi di digitazione possa essere utile ad una prognosi precoce della malattia che, ad oggi, viene diagnosticata con un ritardo che varia dai 5 ai 10 anni.
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