Sul network Mumsnet, dove vari genitori possono scambiare idee, opinioni ed esperienze con i propri figli, una madre gettata nella disperazione ha segnalato quanto accaduto al figlio: durante il lockdown ha speso una cifra di circa 8000 dollari su FIFA Ultimate Team, la modalità online di FIFA 21. Emerge ancora una volta il dibattito sulle microtransazioni nei videogiochi: cosa fare per contenerle?
Nell’ambito dei giochi sportivi FIFA è la serie videoludica del momento. Dopo un lungo periodo di anni d’oro per PES, la svolta è arrivata dopo il 2010: EA Sports ha continuato a migliorare il proprio titolo, arrivando ad un livello che si è imposto come nuovo standard non soltanto tra i simulatori calcistici, ma sportivi in generale.
Anche nell’ultimo capitolo, FIFA 21, pubblicato a settembre 2020 è presente la modalità competitiva online, denominata FIFA Ultimate Team. Per chi non sapesse di cosa si tratta, il FUT prevede la costruzione di una squadra partendo dal basso e arrivando man mano ad acquistare giocatori sempre più forti, ovviamente guadagnando crediti sia dalle partite giocate contro altri avversari online, sia dai cosiddetti “spacchettamenti”, dato che prevede anche l’acquisto di pacchetti di giocatori con contenuto casuale.
Se la fortuna bacia i players, nei pacchetti è possibile trovare giocatori molto forti, che possono essere rivenduti nella compravendita interna del FUT per guadagnare ancora più crediti.
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Leggendo le tre righe appena esposte, qualcuno si sarà già fatto un’idea di cosa sia balzato alla mente di un giovane di 13 anni, che ha speso circa 8000 dollari su FIFA Ultimate Team per “tentare la fortuna”.
Proprio così: il giovane gamer ha speso una cifra davvero altissima per acquistare pacchetti nella modalità online e trovare giocatori più forti, con cui guadagnare più crediti dalla compravendita o vincere più partite, magari nella celebre modalità rappresentata dalla Weekend League.
Il problema è stato fatto emergere dalla madre sul sito inglese Mumsnet, che è un grande network dove i genitori possono confrontarsi su idee, opinioni ed esperienze vissute con i propri figli. E il quadro che emerge va al di là della semplice “ragazzata”: la madre spiega come il figlio abbia avuto gravi difficoltà ad affrontare le chiusure del lockdown, e le misure di distanziamento sociale e di isolamento da qualsiasi attività sociale hanno portato il ragazzo a trascorrere molto più tempo con i videogiochi, in particolare con il titolo calcistico di EA Sports.
La vicenda ha scatenato un dibattito in realtà già attivo da diverso tempo, inerente alle microtransazioni, ossia le spese opzionali in-game per ottenere pacchetti extra, nuovi giocatori, nuove skin/armi per gli sparatutto e così via. Le microtransazioni sono purtroppo un problema serio, che è destinato probabilmente ad aggravarsi con la crescente presenza di videogiochi free-to-play con acquisti opzionali.
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Resta, poi, un altro problema. Alcuni degli utenti iscritti al network Mumsnet si sono chiesti: di chi è la colpa per quanto accaduto al giovane tredicenne? E’ colpa dei genitori, che non hanno controllato abbastanza il figlio alle prese con le “spese pazze” nei videogiochi, o della situazione difficile dal punto di vista psicologico? La risposta, come sempre, sta nei pareri dei singoli: resta il fatto che la vicenda desta clamore.
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