Da qualche settimana si sta facendo un gran vociferare circa il green pass, un passaporto sanitario che permette ai cittadini dell’Unione Europea di spostarsi tra i vari Paesi in vista delle vacanze, in totale sicurezza. Una coalizione di 28 gruppi a difesa delle libertà civili, tuttavia, ha scritto al Parlamento europeo proprio facendo riferimento al passaporto: secondo la coalizione non garantirebbe una protezione massima dei dati personali
Si sta avvicinando l’estate e, proprio come l’anno scorso, la pandemia da COVID-19 rappresenta un potenziale problema alla stagione delle vacanze. I vari governi si stanno attrezzando per poterla rendere possibile, dato che per molti Paesi il turismo è uno dei principali motori dell’economia per tutto l’anno e in particolare durante le stagioni calde.
Anche in Italia si sta parlando sempre di più del green pass, che secondo le ultime indiscrezioni dovrebbe poter garantire ai turisti dall’estero di trascorrere le vacanze nel Bel Paese in totale sicurezza. Il green pass infatti rappresenta un vero e proprio passaporto vaccinale digitale, presentato il 17 marzo dalla Commissione UE e attualmente in fase di approvazione presso il Parlamento UE. Tale passaporto include anche eventuali tamponi negativi o precedenti guarigioni dal COVID-19.
Un’associazione a difesa delle libertà civili di recente ha scritto una lettera all’Unione Europea, esponendo le proprie preoccupazioni circa la protezione dei dati personali del passaporto vaccinale e proponendo una possibile soluzione.
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L’associazione in questione, che raduna 28 gruppi a difesa delle libertà civili, ha spedito una lettera all’UE invitandola a riconsiderare il progetto del green pass. Le coalizioni si sono dette preoccupate per la mancanza di protezione dei dati personali, evidenziando come non ci sia alcuna salvaguardia contro la sorveglianza e che questo potrebbe generare delle discriminazioni.
Proprio in tal senso, le associazioni hanno mosso una pesante critica: il pass vaccinale introdurrebbe infatti una limitazione ai diritti per chi non è vaccinato, o per chi non possiede lo status di residente nell’UE (come i migranti sprovvisti di documenti), o ancora per chi non possiede alcun dispositivo idoneo per il raccoglimento e l’esposizione del documento digitale.
La coalizione di 28 gruppi ha proposto una soluzione al problema dei dati personali nel green pass, esposta nell’estratto che segue: “Va chiarito che solo una verifica offline tramite un’infrastruttura pubblica può garantire principi di privacy. Inoltre, si dovrebbe fare il possibile per ridurre il rischio sui dati una volta che gli Stati membri potrebbero estendere l’applicazione del certificato ad altri scopi, come l’ingresso a luoghi di lavoro e di culto, impianti sportivi e raduni simili. Va chiarito che qualsiasi ulteriore uso di questo sistema è vietato o deve essere previsto dalla legislazione nazionale”.
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Se da un lato, dunque, il passaporto sanitario potrebbe garantire il massimo della sicurezza per chi viaggia (oltre che per il Paese ricevente), dall’altro il dibattito della privacy e delle normative di sicurezza dei dati personali sembra ancora apertissimo: è verosimile che l’UE si esprimerà in merito prima di rendere ufficiale la manovra.
Fonte: ANSA
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