L’invito dei sindacati: «Non rilasciate il certificato in attesa dei chiarimenti sulla privacy».
Il Green Pass ancora non è concreto e già sta raccogliendo pareri contrastanti.
Nella bozza del nuovo decreto Covid discussa ieri nel Consiglio dei Ministri è presente l’introduzione di una certificazione verde (green pass per l’appunto) per gli spostamenti tra Regioni di colore rosso e arancione.
Questo lasciapassare sarà valido solo per le persone vaccinate, per i guariti dal Covid-19 negli ultimi 6 mesi, o per le persone in possesso del referto negativo di un test antigienico o molecolare, da effettuarsi nelle 48 ore prima dello spostamento.
Ma, come spiega Guido Scorza, avvocato cassazionista e componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, nella bozza del nuovo decreto mancano diversi elementi che garantiscono la privacy delle persone che dovranno utilizzarlo per spostarsi.
Il Garante per la protezione dei dati personali italiano ha richiesto da marzo una legge per discutere e disciplinare gli aspetti della protezione dei dati personali del pass.
Ma di questa legge, al momento, non si è ancora sentito parlare.
Al contempo, l’Autorità garante non ha ancora ricevuto la bozza “del decreto-legge sul quale ci viene chiesto di dare un parere specifico sul fronte della privacy” spiega a Open Scorza.
“Ma anche se dovessimo prendere in considerazione solo l’attuale bozza del nuovo decreto, questa non contiene le disposizioni di merito sulle quali noi potremmo dare un parere, perché espressamente vien fatto intendere che di privacy ce ne si occuperà in un futuro DPCM, che al momento non c’è”.
Insomma, “bene che si sia manifestata l’intenzione di coinvolgere il Garante della privacy nel strutturare il pass”, ma in questo modo il “passaporto vaccinale” rischia di partire senza che l’Autorità si sia espressa, senza sciogliere i nodi che tutelano le persone e la riservatezza dei dati sanitari dei cittadini.
Ma perchè i medici non sono d’accordo con questa scelta?
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Come già sapete, avevamo parlato del Green Pass qualche giorno fa , potete trovare l’intero articolo qui , e l’idea era sembrata piacere molto a quasi tutti coloro che si trovano ai vertici.
Ora, invece, arrivano i primi dubbi.
I medici di famiglia sono pronti a dare battaglia se dovesse toccare loro anche il rilascio del certificato verde.
Prevista dall’ultimo decreto entrato in vigore il 26 aprile, la certificazione consentirebbe gli spostamenti ai vaccinati, ai guariti dal Covid e a chi ha effettuato un tampone nelle 48 ore precedenti al movimento. La protesta dei medici, seppur ancora pacifica, si estende sul tutto il territorio italiano.
I primi a mostrarsi contrariati sono i medici di Pistoia, che attraverso il presidente dell’Ordine, Beppino Montalti, sentito da “Il Tirreno”, hanno ribadito: “Se anche questa attività dovesse toccare a noi, verrebbe fuori un problema di competenza. C’è il rischio di trasformarci in impiegati, quando prima di tutto siamo medici”.
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Massimo Niccolai, direttivo provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale, ha sottolineato: “Per inoculare il vaccino ci vuole un minuto, più 15 minuti di attesa per il paziente. Ogni operazione sul Sispc richiede almeno cinque minuti, che sommati a fine giornata diventano ore. E queste operazioni sono da fare tra una visita e l’altra, tra un vaccino e l’altro. Dovessimo occuparci anche del green pass, smetteremmo di fare i medici“.
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