La Cassazione conferma lo stop al “recupero del consenso” imposto a TIM

La Corte di Cassazione ha confermato il divieto imposto a TIM dal Garante della Privacy riguardo la campagna del “recupero del consenso dei dati”. Ecco di cosa si tratta

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Bocciato il ricorso di TIM sul divieto impostogli dal Garante della Privacy riguardo la sua campagna di “recupero del consenso” – MeteoWeek.com

Parere positivo della Corte di Cassazione riguardo il divieto imposto a Telecom Italia (TIM) di portare avanti la campagna del cosiddetto “recupero del consenso dei dati”, decretato dal Garante della Privacy. In seguito a questa decisione, TIM aveva infatti presentato ricorso nei confronti dell’Autorità.

Ma in cosa consiste la campagna del recupero del consenso? In pratica, TIM ha deciso di rivolgersi ai clienti che, in precedenza, hanno deciso di non voler essere contattati telefonicamente “per finalità promozionali”. Lo scopo è chiaro: acquisire il via libera all’utilizzo dei dati dei clienti nonostante questa decisione precedente.

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TIM e la campagna del recupero del consenso: il parere della Cassazione

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La decisione della Cassazione tutela la privacy e i dati dei clienti – MeteoWeek.com

Il ricorso di TIM è stato respinto in quanto, ad avviso dei supremi giudici “una comunicazione telefonica finalizzata ad ottenere il consenso per fini di marketing, da chi l’abbia precedentemente negato, è essa stessa una comunicazione commerciale“. TIM, invece, continua a difendere la propria tesi, secondo la quale tale campagna “non sarebbe riconducibile alla nozione di comunicazione commerciale”.

Il divieto imposto dal Garante per la protezione dei dati personali nasce dal limite fra l’informazione sfruttabile a fini pubblicitari e la violazione della privacy. A definirlo è stato il Regolamento europeo GDPR entrato in vigore a maggio 2018. Come riportato dal Corriere della Sera, se per esempio TIM ci chiede il documento di identità per attivare la linea telefonica, siamo obbligati a dire “consento” per ottenere il servizio. La società telefonica però non può vendere il nostro nome: per farlo deve chiedercelo espressamente (consenso espresso).

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Contento della decisione della Cassazione Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “Ottima notizia. Sarebbe stato il colmo se, mentre attendiamo da oltre 3 anni di poter revocare con l’iscrizione al Registro delle opposizione tutti i vecchi consensi precedentemente espressi, ora non valessero nemmeno i vecchi dinieghi”, afferma. “È di tutta evidenza che ottenere il consenso all’utilizzo dei dati per fini di marketing non può che essere una comunicazione commerciale, senza se e senza ma. Ora chiediamo che il nuovo Registro entri al più presto in vigore e a tal fine questo abbiamo lanciato la petizione sul nostro sito (www.consumatori.it/nondisturbarmi/)”, conclude Dona.