Google vuole trasformare il nostro smartphone in carta d’identità e passaporto per poter viaggiare come prima.
Con la pandemia, viaggiare è diventata un’impresa quasi atomica: o non si può o, in caso di esigenze lavorative, la prassi è lunga, tortuosa e a volte fa innalzare il livello di irritazione alle stelle.
A causa del COVID-19 stanno nascendo molti progetti per supportare i cittadini di tutto il mondo tramite dispositivi mobili e un approccio più digitale. Dopo i pensieri di Microsoft e Oracle per un passaporto sanitario digitale, ora anche Google ha deciso di lavorare sugli smartphone per renderli dei portadocumenti.
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A partire dal 2018, Google ha cominciato a utilizzare sui suoi Pixel, il telefono Google per eccellenza, il Chip Titan M, conosciuto come Secure Element (SE).
Questi operano in maniera separata dal processore e fino a oggi si è occupato di archiviare password e convalidare il sistema operativo, ma la società ha progetti più grandi: questo chip dovrebbe essere la chiave per portare passaporti e carte d’identità digitali sugli smartphone Android.
Diversamente da quanto avevamo scritto per il passaporto digitale su tutti i sistemi degli smartphone, da android a iOs, lo potete rileggere qui , Google ha personalizzato di gran lunga la sua espansione.
Con tale fine, la compagnia ha fondato la Android Ready SE Alliance, una coalizione di società e produttori telefonici che ha come obiettivo comune l’accelerazione di questo processo.
Il loro lavoro porterà alla creazione di una vasta raccolta di applets open source e pronte all’uso per i chip SE. La prima lanciata si chiama StrongBox ed è uno strumento capace di archiviare chiavi crittografiche.
Nelle ultime ore, Google ha infatti rilasciato un comunicato sul suo blog ufficiale per annunciare Android Ready SE Alliance, una società fondata dal colosso di Mountain View e a cui aderiranno i partner che intendono rendere i telefoni dei veri e propri portadocumenti: carte di identità, chiavi di casa e dell’auto, patenti, passaporti, portafogli e altro ancora, agli occhi della società tutto ciò potrebbe essere contenuto su smartphone tramite un’implementazione fondata su uno standard comune accettato dalle aziende Big Tech e non solo.
In aggiunta, il passaporto digitale che attesta la somministrazione del vaccino e i vari esiti di tamponi, in grado di dare l’okay e la certezza di una persona NON contagiata e quindi NON portatrice del coronavirus. Unico requisito per poter viaggiare.
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Per farlo potrebbe essere necessario l’utilizzo di chip e componenti resistenti alla manomissione e anche di software come StrongBox, il quale permette all’utente di salvare dati sensibili in maniera virtualmente inaccessibile senza la dovuta autorizzazione del possessore del dispositivo o comunque del diretto interessato, che in questi tempi è essenziale per custodire password e documenti personali importanti, senza il rischio di intaccare la privacy.
Tutto ciò necessità però collaborazione e coordinamento.
Ecco a cosa serve, dunque, Android Ready SE Alliance, la quale coinvolge i principali produttori di Secure Element e i chip e software, così da trovare dei punti chiave da rendere una norma da accettare se si vuole lavorare in tale ambito. Il punto di partenza di Google è quello di rendere disponibile a tutti StrongBox, da qui sarà solo il tempo a mostrarci i frutti di questi sforzi coordinati.
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