Un report di Veritas Technologies ha rivelato che in ambito lavorativo si fa sempre più uso di WhatsApp – e di altre applicazioni di messaggistica – al posto di e-mail e altri metodi di comunicazione classici al lavoro, soprattutto in smart working. Il motivo è ovviamente la maggiore comodità, ma vi sono alcuni rischi connessi
In un ambiente di lavoro si fa uso di strumenti professionali per comunicare, tanto internamente quanto all’esterno dell’azienda o ente per cui si lavora. Le e-mail, ad esempio, sono lo strumento per eccellenza quando si deve comunicare qualcosa, e facciamo alcuni esempi: l’invio di buste paga, la trasmissione di eventuali documenti utili al lavoratore, comunicazioni da parte del direttore, e così via.
Con l’avvento della pandemia da COVID-19 il lavoro si è evoluto nettamente verso lo smart working, che in molti casi ha reso possibile una trasposizione dell’attività lavorativa dalla sede aziendale alla casa di ogni singolo dipendente. Questo ha portato ad un radicale cambiamento nei metodi di comunicazione tra dipendente e azienda, e un report di Veritas Technologies lo ha dimostrato chiaramente.
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Secondo il report di Veritas Technologies, denominato Hidden Threat of Business Collaboration Report, il 71% dei dipendenti intervistati nello studio fa uso di WhatsApp e altre applicazioni di messaggistica istantanea al posto delle e-mail. WhatsApp non è l’unica applicazione considerata: vengono utilizzati anche altri software sfruttati di solito per videoconferenze, come Microsoft Teams e Zoom.
Questi software vengono sempre più utilizzati dai dipendenti non soltanto per comunicare con altri colleghi, ma anche per trasmettere reportistica, dati di business e altre informazioni sensibili per l’azienda. Il motivo è presto detto: questi software vengono visti come strumenti più immediati da utilizzare rispetto alle e-mail, e la loro grande intuitività li ha resi i preferiti da parte dei lavoratori. L’utilizzo riguarda oltretutto sempre di più lo smart working, ma non esclude il lavoro in presenza.
Tuttavia, questo nuovo “trend” che riguarda i metodi di comunicazione aziendale ha dei rischi connessi da non sottovalutare. Il pericolo più grande riguarda il fatto che i lavoratori potrebbero utilizzare canali comunicativi non abbastanza sicuri, a livello di crittografia e di privacy delle conversazioni: dato che ci si scambia informazioni sensibili, che possono includere peraltro password o credenziali bancarie, si può incorrere addirittura in sanzioni per chi trasmette tutto ciò attraverso canali di comunicazione non sicuri.
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In merito si è espresso Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy, sul fatto che le imprese “in molti casi hanno perso il controllo dei propri dati personali a causa del fatto che molti dipendenti si sono abituati a ricorrere alla scorciatoia dell’app per trasmettere informazioni confidenziali, preferendo la comodità al rispetto delle policy aziendali.”
Di conseguenza la soluzione proposta riguarda l’instaurazione di politiche di privacy interne all’azienda, con una definizione chiara dei limiti entro cui è possibile comunicare in modi alternativi a quelli più sicuri definiti dall’azienda.
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