La nuova serie di Netflix sta già facendo parlare di sé, e non in senso buono. Scopriamo perché.
La nuova docuserie, da noi vista e piaciuta molto, di Netflix su San Patrignano, sta facendo molto discutere.
Non tanto per quello che racconta, ma per quello che fa trasparire.
E’ un racconto che mostra più ombre che luci.
Uscita il 30 dicembre, fa discutere (e non poteva essere altrimenti) la docuserie di Netflix SanPa: luci e ombre di San Patrignano, diretta da Cosima Spender.
Qualche giorno fa la comunità di San Patignano, in una nota stampa, l’ha definita “sommaria e parziale“, con una narrazione che “si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori“.
Un processo che portò a un’iniziale condanna a 20 mesi di carcere per Muccioli, a cui seguì però un’assoluzione con formula piena.
La comunità si dice inoltre preoccupata “per gli effetti negativi e destabilizzanti che potrebbero ricadere sull’oneroso lavoro di recupero, reinserimento e prevenzione” sui quali è impegnata.
Così la comunità di recupero per tossicodipendenti commenta “SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano”, docu-serie originale italiana Netflix da pochi giorni disponibile, definita versione “unilaterale”.
Commenti non proprio positivi.
Ma si sa, non esiste una cattiva pubblicità, l’importante è che se ne parli.
“Il racconto che emerge” si legge appunto nel comunicato ” è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti”. Nella nota dalla comunità specificano di aver “ospitato per diversi giorni”, per “trasparenza e correttezza”, “la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all’interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l’elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente” così da permettere una ricostruzione quanto più “oggettiva e informata”. Un elenco che, sottolineano ancora, “è stato totalmente disatteso” ad eccezione “del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini“. Di fatto, dicono sempre dalla comunità, si è preferito “lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette”
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“Avevamo espresso fin dall’inizio la preoccupazione per gli effetti che un prodotto televisivo di ricostruzione delle vicende trascorse all’interno della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e adeguatamente contestualizzate, poteva avere sulla odierna realtà di San Patrignano, con i suoi oltre 1000 ospiti” si legge ancora nel comunicato “Purtroppo, ci troviamo a constatare che i timori erano assolutamente fondati”. “Spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni presenti nel prodotto”, dicono ancora dalla comunità, sottolineando che si tratta di un prodotto “chiaramente costruito per scopi di intrattenimento commerciale” e non come “una seria ricostruzione documentaria, potrebbero colpire le numerosissime persone e le loro famiglie che affrontano il grave problema della tossicodipendenza, oggi ancora emergenza nazionale. Persone alle quali San Patrignano ha sempre aperto le proprie porte e accolto gratuitamente in un programma terapeutico basato su principi e metodi molto distanti da quelli descritti nella docu-serie” concludono “come dimostrato da diversi studi indipendenti di prestigiosi atenei sia nazionali che internazionali”.
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