Le potenzialità delle nuove memorie UFS 2 e UFS 3 aprono gli scenari a nuove modalità di gestione e utilizzo della RAM nei nostri device
Quando acquistiamo un nuovo apparecchio è inevitabile imbatterci in alcune importanti specifiche tecniche. Una di queste è la RAM, ovvero Random Access Memory. Si tratta della memoria ad accesso casuale. A questa si contrapposizione quella ad accesso sequenziale, più spesso conosciuta come SSD o spazio di archiviazione. Per quanto riguarda il terzo e sottaciuto incomodo, la zRAM, non rappresenta altro che una partizione virtuale della Random Access Memory.
A queste componenti è affidato un ruolo ben specifico. Se lo spazio di archiviazione infatti può essere identificato come un deposito a lunga scadenza, la RAM è invece un elemento scattante dal rapido calcolo, necessario al processore per effettuare la maggior parte delle operazioni. Quando ad esempio lanciamo una app sui nostri dispositivi, la sua apertura coinvolge proprio la memoria rapida.
Alcuni particolari dispositivi, tutti Android, consentono tuttavia di permettere agli utenti una sperimentazione estrema che consente, in linea puramente teorica, di modificare i rapporti di partizione tra le diverse parti.
Diversamente dall’esperienza degli anni precedente oggi è possibile essere più confidenti e spingere al massimo sui nostri apparecchi dotati delle performanti nuove memorie UFS 2 e UFS 3. Sono queste che sostituiscono l’eMMC, di cui tuttavia troviamo ancora la presenta all’interno dei dispositivi più datati. I possessori di smartphone OPPO, ad esempio, possono modificare facilmente direttamente dalle impostazioni, la quantità di GB da dedicare alla RAM, mentre nei Samsung tale opzione è attiva di default.
In gergo tecnico, tale operazione, è definita metodo SWAP, e consente di dotare i devices compatibili della funzione RAM Plus, ma dal punto di vista puramente prestazionale, quali vantaggi può avere?
Test empirici, basati sull’apertura in contemporanea di un numero di app importante, hanno stressato l’ampliamento, registrando interessanti risultati. Non solo non si riscontrano benefici immediati o una velocità incrementata delle attività. Anzi, il rischio di crush è dietro l’angolo.
E questo proprio perché per loro specifica natura le partizioni non funzionano nella stessa modalità. La RAM è snella e rapida, mentre l’SSD è soggetto ad aggiunte e cancellazioni che inevitabilmente ne deteriorano le parti e lo rallentano in maniera progressiva ed esponenziale. Conviene dunque lanciarsi in questa avventura? No, molto probabilmente non solo non è necessario, ma neppure utile. O meglio ad oggi, è un’operazione che non apporta alcun tipo di beneficio e che rischia di deteriorare il normale funzionamento del dispositivo.
Allo stesso tempo però è un’opzione da non liquidare nella sua totalità, come pare sembrino fare le aziende Big Tech, in quanto rappresenta un potenziale ancora inesplorato di possibilità tutte da scandagliare.
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