I colossi del web si arricchiscono tramite la pubblicità mirata, che alza anche il valore delle quotazioni di borsa di Alphabet (Google) e Meta (Facebook). Tale duopolio raccoglie in Italia l’80% degli investimenti in tale settore. La potenza mediatica di tali strumenti è enorme: Facebook permette di raggiungere 1,6 miliardi di persone, Google soltanto con YouTube registra 15 miliardi di visualizzazioni al giorno.
Facebook e Google permettono di costruire delle offerte tradotte in inserti e post sponsorizzati o inserzioni mirate per investimenti. Ma spesso le cifre richieste sono da capogiro e sono impensabili per piccoli o medi imprenditori. La possibilità di avere visibilità su tali piattaforme spesso si rivela più contorta del previsto.
Due colossi delle inserzioni
Come emerge da un articolo di Federico Fubini e Martina Pennisi per il Corriere che “I due gruppi da soli catturano più di metà dei budget globali delle inserzioni su Internet”. Riportando i dati, rilevano che: “Alla fine del 2020, il 56% dei costi di produzione per Google e l’80% per Facebook derivano dalle inserzioni digitali, le quali a loro volta giustificano l’astronomico valore azionario delle aziende”.
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“Dalle inserzioni digitali derivano quattro quinti dei ricavi di Google e praticamente tutti quelli di Facebook, per un totale aggregato di 230 miliardi di dollari nel 2020″. Il duopolio offre pubblicità a prezzi più elevati rispetto al mercato tradizionale. Inoltre, poiché hanno una forte presenza, possono stabilire anche il prezzo.
Il punto di forza di Google e Facebook è che possono raggiungere miliardi di persone. Da ciò discendono i loro vantaggi commerciali e le alte quotazioni azionarie. Ma quanto questa quotazione è reale? Possiamo valutare il valore di un utente e dei suoi like? Vi sono varie opinioni a riguardo, ma sicuramente è difficile indicare una cifra univoca.
Dati dubbi e autoprodotti
L’economista italiano della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Alessandro Acquisti, intervistato dal Corriere ha affermato che: “Il rischio di crearsi un gioco a somma zero: tutti comprano spazi su Google e Facebook per non perdere terreno rispetto ai concorrenti, ma le grandi piattaforme sono le sole a trarre vantaggio dall’ipotesi che la pubblicità distribuita attraverso di loro sia migliore”.
Anche Lorenzo Sassoli De Bianchi, presidente dell’associazione italiana degli investitori in pubblicità, conferma che “In media il costo per singolo contatto è superiore” ma che non è possibile stabilirlo proprio perché “le tariffe variano e non sono sempre comparabili”. Su questo, infatti, “”Regna un’opacità totale da parte delle Big Tech. I loro dati sulle visualizzazioni dei contenuti sono autoprodotti. Dunque l’efficacia della pubblicità programmatica (venduta in modo automatizzato) è solo presunta”.
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Il problema della regolamentazione della pubblicità digitale preoccupa anche Bruxelles. Infatti, anche il consigliere dell’associazione di categoria lab Italia, Alfonso Marinello, spiega che il budget necessario per raggiungere gli utenti, risulta gravoso per le imprese. Ogni imprenditore è portato a calcolare quanto potrebbe tornagli indietro, prima di decidere se investire.