Huawei sa bene cosa vuol dire finire nella black list statunitense e pagare a caro prezzo le restrizioni americani. Di qui a breve potrebbe toccare anche a Honor, un marchio originariamente di proprietà proprio di Huawei, attraverso il quale vengono commercializzati alcuni dispositivi elettronici dell’impresa cinese.
Il governo americano, infatti, starebbe pensando allo stesso ban utilizzato da Trump per tentare di sgretolare il colosso cinese della telefonia cinese. Sarebbero i repubblicani a spingere l’amministrazione Biden per far entrare Honor alla Entity List degli Stati Uniti, con il fine di bloccare gli accordi di fornitura hardware e software con società statunitensi, così come già accade per Huawei. Lo rivela un nuovo rapporto del South China Morning Post, che cita Michael McCaul, membro della commissione per gli affari esteri, come pericolo pubblico numero uno per Honor.
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Un gruppo di 14 politici repubblicani alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, capeggiati proprio da McCaul, avrebbe chiesto al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti di aggiungere l’ex unità Huawei alla lista nera del governo degli Stati Uniti. Perché?
La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe il tentativo di Honor di scrollarsi di dosso l’attenzione del Dipartimento per il Commercio Usa, con l’acquisita da un consorzio cinese indipendente, dopo esser diventata famosa proprio come “figlioccio” di Huawei. “La vendita dell’azienda è stata una mossa politica, non economica” ha detto McCaul durante un’udienza al Dipartimento del Commercio. “L’accesso alla tecnologia americana pone le stesse preoccupazioni in merito alla sicurezza del Paese”.
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I politici repubblicani sostengono che Honor è stato scorporato “nel tentativo di eludere le politiche di controllo delle esportazioni statunitensi volte a tenere la tecnologia e il software statunitensi fuori dalle mani del partito comunista cinese (PCC)”. La lettera inviata dai repubblicani all’amministrazione Biden citava alcuni analisti che affermavano che “la vendita di Honor che ha dato accesso ai chip semiconduttori e al software su cui si basava, sarebbe stata presumibilmente bloccata se la cessione non fosse avvenuta”. Un portavoce del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha affermato che l’agenzia apprezza “la prospettiva di questi membri del Congresso e riesamina continuamente le informazioni disponibili per identificare potenziali minacce da aggiungere alla black list”. L’ambasciata cinese a Washington, Honor e Huawei non hanno commentato per ora la notizia.
L’eventuale ingresso nella lista nera del governo degli Stati Uniti sarebbe un brutto colpo per Honor, che sperava che con l’indipendenza da Huawei avrebbe evitato le pesantissime restrizioni, basti pensare che il gigante tecnologico di Shenzen, oltre a essere stata costretta a togliere Android dai suoi smartphone e ad accelerare a dismisura lo sviluppo di HarmonyOS, non può neanche più contare sulla componentistica hardware di nessuna società che abbia sede negli Stati Uniti. Una delle ultime mosse ha portato persino le fonderie Samsung a dover chiudere i rapporti, lasciando Huawei a piedi. Tutto questo ora rischia di essere anche il destino di Honor.
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