Il mondo artico, e non solo, sta cambiando rapidamente. Lo scioglimento dei ghiacci apre nuove rotte commerciali tra cui la Rotta Artica, ma chi pensa al Pianeta? Possiamo considerarla la nuova Via della Seta?
Ogni qualvolta che si parla di ghiacciai, automaticamente il nostro cervello va allo spaventoso record che stiamo per raggiungere, ogni giorno sempre più vicini al punto di non ritorno.
Le forze potenti stanno cercando di arginare l’inevitabile, ipotizzando nuovi modi per non intaccare la natura già precaria degli antipodi del globo.
Si chiama Rotta Artica e apre nuovi varchi per i trasporti marittimi.
Dall’Asia e dalla Russia verso l’Europa del Nord, attraversando il Mar Glaciale Artico. Per ora sono perlopiù traffici stagionali e intraregionali.
Ma crescono a vista d’occhio, in un’azione proporzionale all’accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai.
Che ci sia davvero una Via della Seta alternativa a Suez? “Certo è che la mutazione climatica sta creando profonde trasformazioni anche nel settore della logistica, tanto che si stanno ipotizzando linee prima impensabili, come quella artica appunto, sulle quali è bene cominciare a riflettere per non trovarsi spiazzati in futuro”, sottolinea Rodolfo Giampieri, presidente di Assoporti, l’associazione che rappresenta i porti nazionali amministrati dalle Autorità di sistema.
Nel febbraio 2021 la Christophe, una nave gassiera russa, ha compiuto il suo grande capolavoro, riuscendo a navigare da Sabetta, base industriale nella penisola di Yamal in Siberia, allo Jiangsu, in Cina, attraversando il Mar Glaciale Artico orientale in pieno inverno.
Queste ostiche acque sono, generalmente, solcate tra giugno e novembre, in quanto i ghiacci ne rendevano impossibile la navigazione. Ma oggi, a causa del progressivo riscaldamento globale, il gelo lascia il campo al commercio marittimo, con profonde conseguenze tanto sui rapporti tra i governi di tutto il mondo quanto sull’ecosistema globale.
Scopriamo insieme la nuova Rotta Artica.
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La rotta artica, o Nothen Sea Route, attira l’attenzione in particolare di Russia e Cina, le due potenze mondiali più pericolose, perché permetterebbe di collegare più velocemente Europa ed Estremo Oriente: oggi la rotta principale passa per il Canale di Suez, mentre passando dallo Stretto di Bering il percorso misurerebbe solamente 5.000 chilometri.
Dal 2016 al 2019 il numero di navi che hanno seguito questa rotta lungo la costa siberiana è cresciuto del 58%.
Infatti, se dal canale egiziano nel 2019 sono stati registrate circa 19.000 cargo, le acque nordiche sono state solcate da qualche centinaio di convogli.
Sono diverse le difficoltà che le navi devono affrontare nel Mare Artico, a partire dalla presenza di iceberg, le temperature che mettono a dura prova scafi ed equipaggi e il ghiaccio che, comunque, resiste.
Inoltre, l’ingente costo di tali viaggi rende questi traffici ancora poco convenienti, sia a causa degli elevati premi assicurativi, che della necessità di essere accompagnati da rompighiaccio. Secondo la Copenhagen Business School queste tratte diverranno economicamente sostenibili solamente nel 2040, eppure gli investimenti nella regione sono in continua ascesa.
Un po’ il climate change un po’ l’incidente che ha bloccato per giorni il Canale di Suez, con la portacontainer Ever Given da disincagliare, la Rotta Artica ha preso piede prepotentemente.
“L’importanza della logistica l’ha data proprio l’interruzione di Suez, che ha rallentato i flussi delle merci ” aggiunge il presidente Giampieri “Il Mediterraneo rappresenta l’uno per cento dell’acqua di tutto il mondo, ma nel Mediterraneo gira il venti per cento del traffico mondiale. È un’enormità di opportunità anche per l’Italia della logistica. Ma i numeri e le analisi hanno importanza se diventano strategia”.
“Abbiamo studiato la Rotta Artica per capire quali possono essere le prospettive di sviluppo rispetto ai cambiamenti climatici e alle evoluzioni del trasporto marittimo” spiega Alessandro Panaro, capo servizio Maritime & Energy di Srm “Da studioso dico che non è un’alternativa a Suez, ma che può offrire in futuro una prospettiva per determinati tipi di traffico: energetico su tutti, visto che si stanno aprendo nuovi mercati nel GNL (gas naturale liquefatto) e che la rotta rimarrà stagionale ancora a lungo”.
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Il traffico marittimo nell’Artico, però, rischia di accentuare i già gravi problemi ambientali ed ecologici sia della zona sia dell’intero globo.
Se, infatti, il mare a Nord della Russia è altamente inquinato a causa dei fiumi che vi sboccano, a loro volta sfruttati e non adeguatamente protetti dalle attività estrattive e produttive che si svolgono sulle loro sponde, l’incremento della navigazione e del settore minerario non potranno fare altro che andare a peggiorare la precaria situazione esistente.
Anche dopo ripetuti disastri ambientali avvenuti sulle sponde russe negli ultimi anni, che hanno occupato le pagine dei media di tutto il mondo, le politiche sostenibili sono quanto di più lontano dalle intenzioni del colosso energetico.
La navigazione in questa desolata quanto delicata area del mondo inasprisce un cambiamento già in atto in negativo, l’estrazione di nuovi fonti fossili è ben lungi dal rappresentare un cambio di rotta.
La Rotta del Mare del Nord non toglierà il primato ai più classici e frequentati canali di Suez o di Panama. Il mercato che si sta sviluppando velocemente lungo le coste siberiane, però, rappresenta una ricca tratta di nicchia, potenzialmente molto lucrosa, ma anche enormemente dannosa per l’ecosistema artico.
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