La Polizia di Stato di Genova, con la coordinazione dalla rispettiva Procura della Repubblica, ha identificato tre giovani studenti facenti parte di gruppi Telegram e Instagram che si davano al “sabotaggio” delle lezioni a distanza. Fra loro anche un minorenne
Dopo lo scoppio della pandemia da COVID-19, in tutto il mondo i vari governi hanno dovuto adattarsi alla nuova situazione, facendo sì che molte delle attività prima in presenza si siano potute svolgere a distanza. Tra queste ovviamente rientra la scuola, luogo particolarmente idoneo alla diffusione del contagio e che necessita per forza di cose di uno svolgimento a distanza.
La didattica a distanza, abbreviata DAD, è ancora oggi uno delle tematiche scottanti quando si parla di istruzione in Italia. Il passaggio alle zone rosse comporta l’obbligo di sostenere l’intera didattica da remoto, con il docente a casa propria/in aula a sostenere la lezione in streaming agli alunni a casa. Questo comporta svariate conseguenze, e alcuni studenti hanno colto l’opportunità per “sabotare” le lezioni sostenute dai propri docenti.
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Tre giovani studenti, di cui uno minorenne, residenti nelle province di Milano e di Messina sono stati identificati nell’ambito di un’indagine svolta dalla Polizia di Stato di Genova, coordinata dalla Procura della Repubblica del rispettivo capoluogo ligure. I tre giovani in realtà facevano parte di due folti gruppi, iscritti al social Instagram e all’app di messaggistica Telegram, che si erano organizzati in modo strutturale proprio al fine di provocare disturbo e “sabotare” le lezioni in DAD.
Già dal primo lockdown molti insegnanti avevano proceduto a sporgere denuncia ai propri Dirigenti scolastici in merito a possibili attività di disturbo alle rispettive lezioni. La complessa indagine ha condotto all’identificazione del modo preciso in cui operavano i giovani: procedevano a condividere il link d’accesso della lezione nei canali comunicativi sopra citati, e gli altri partecipanti si occupavano di entrare e disturbare la lezione, provocandone la sospensione forzata.
Ciò che faceva sentire al sicuro questi studenti è l’apparente totale anonimato garantito dalle due piattaforme utilizzate, tant’è che tra i messaggi apparsi in questi gruppi è stato scritto anche il seguente: “Intanto la Polizia Postale non ha tempo da perdere nel cercare di trovarci”.
I tre ragazzi denunciati hanno ammesso le proprie colpe: ora dovranno però rispondere di reato, e in particolare di interruzione di pubblico servizio nonché di accesso abusivo ad un sistema informatico/telematico.
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Le perquisizioni condotte dal Compartimento Polizia Postale di Milano e della Sezione di Messina hanno condotto al sequestro di alcuni dispositivi informatici quali smartphone, tablet e PC. I dispositivi in questione ora verranno analizzati dalle forze dell’ordine al fine di valutare anche la compartecipazione al sabotaggio di altri studenti iscritti ai gruppi sopra citati.
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