Nei laboratori di Tokyo alcuni ricercatori hanno ottenuto per la prima volta una carne sintetica con la stessa consistenza muscolosa di quella bovina, e con un contenuto microbico al di sotto della soglia di rilevazione. L’obiettivo è quello di soddisfare i bisogni nutrizionali di tutto il mondo, al contempo riducendo l’impatto ambientale degli allevamenti
Il tema del cibo sintetico è dibattuto ormai da svariati anni, e l’opinione pubblica si divide nettamente sulla sua effettiva utilità. Da un lato c’è chi sostiene che la carne sintetica rappresenti il futuro del modo in cui consumeremo cibo, dall’altro invece c’è chi non accetterebbe mai di mangiare della carne prodotta in laboratorio.
In realtà il problema è ben più complesso della semplice dicotomia sopra descritta. Il consumo di carne ad oggi è elevatissimo in molti Paesi del mondo, e le conseguenze di questa apparente normalità sono in realtà disastrose. La carne, molto spesso, proviene infatti da allevamenti intensivi, dai quali viene emessa costantemente una dose eccessiva di gas serra, la cui diretta e più grave conseguenza è un grave inquinamento: basti pensare alla recente ricerca di Greenpeace, che ha svelato come gli allevamenti intensivi rappresentino il 17% delle emissioni totali di gas serra nell’UE, più di quelle di tutte le automobili e i furgoni in circolazione messi insieme.
In tal senso, un passo in avanti alla produzione della carne sintetica è stato fatto dall’Università di Tokyo.
Alcuni ricercatori dell’Università di Tokyo hanno prodotto in laboratorio il primo boccone, coltivato direttamente in laboratorio, di una carne sintetica con la stessa consistenza muscolare della carne bovina. La tecnica usata proviene dalla medicia rigenerativa e permette di ricreare l’allineamento degli elementi (“miotubi”) che formano le fibre muscolari.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science of Food e, a detta dei ricercatori ma anche degli esperti, permetterà di fare uno step in avanti nell’importante sfida dell’impatto ambientale dato dagli allevamenti intensivi. La carne prodotta dai ricercatori giapponesi è del tutto differente da quella vista finora in altre ricerche: non è più granulosa, simile a carne trita, ma è carne con la medesima consistenza di quella bovina, a tutti gli effetti.
L’impatto sul gusto sarà quindi decisamente migliore, e anche sulla salute: dopo 14 giorni di coltura in provetta il tessuto è risultato praticamente sterile, il contenuto microbico si è presentato nettamente al di sotto della soglia di rilevazione, rivelandosi dunque più sicuro e facilmente conservabile rispetto alla carne naturale.
Gli allevamenti intensivi sono senz’altro un pericolo per l’ambiente e per il clima, risultati diretti di un inquinamento esponenziale. La soluzione proposta di recente da Bill Gates potrebbe essere l’ideale: i Paesi più ricchi dovrebbero consumare carne sintetica, mentre i Paesi più poveri dovrebbero ridurre progressivamente l’impiego di allevamenti intensivi.
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In tutto ciò, comunque, alcuni esperti escludono categoricamente la possibilità di stroncare i piccoli allevamenti: al contrario, i piccoli allevatori (che non rientrano di certo nella categoria degli allevatori intensivi) in Europa e in molte parti del mondo rappresentano uno snodo cruciale per lo sviluppo economico delle varie Nazioni, nonché importanti attori per il mantenimento dell’equilibrio culturale, anche in campo culinario, e della biodiversità.
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