Le mascherine U-Mask finiscono nel mirino dell’Antitrust: sarebbero state promosse con pubblicità ingannevole. Perquisite le sedi delle società produttrici
Le tanto discusse mascherine U-Mask sono state messe sotto indagine dall’Antitrust. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene infatti che riguardo al prodotto sarebbero state fornite informazioni ingannevoli. Più precisamente, il procedimento è stato avviato in quanto “verrebbe enfatizzata l’efficacia di questi dispositivi con modalità ingannevoli e aggressive, sfruttando indebitamente la situazione di emergenza sanitaria in corso per indurre il consumatore a comprare a prezzi elevati il prodotto reclamizzato”. Di fatto, le società U-Earth Biotech Ltd e Pure Air Zone Italy ora rischiano grosso: lunedì l’Autorità ha condotto ispezioni nelle loro sedi, avvalendosi della collaborazione dei militari della Guardia di Finanza.
Le mascherine U-Mask sono salite alla ribalta soprattutto nell’ultimo periodo, in quanto indossate frequentemente da molti politici e personaggi televisivi. Proprio per questo sono state soprannominate le “mascherine dei vip”. Tuttavia, prima di finire nella lente di ingrandimento dell’Antitrust, sulle mascherine U-Mask aveva iniziato ad indagare – nel dicembre 2020 – anche Striscia la Notizia. Questa indagine ha inevitabilmente innalzato la risonanza mediatica delle mascherine dei vip.
Come riportato dall’AGI, le mascherine U-Mask – prodotte interamente in Italia e distribuite in ben 121 paesi del mondo – vengono pubblicizzate come auto sanitizzanti, antiproliferative e in grado non solo di bloccare i contaminanti dell’aria sulla superficie della maschera, ma persino di distruggerli all’interno del filtro. Per questo, sono state adottate anche da diverse federazioni sportive.
Date queste promesse, la Guardia di Finanza ha deciso di compiere varie ispezioni, giungendo alla conclusione che “i claim con cui le società enfatizzerebbero l’efficacia, in termini di prevenzione, delle mascherine in questione appaiono in grado di ingannare i consumatori, inducendoli all’acquisto di un prodotto privo delle caratteristiche e della capacità filtrante pubblicizzata, con conseguente potenziale pericolo per la salute”. In questo senso, alla U-Mask è attribuita un’efficacia protettiva (per singolo filtro) di 200 ore di utilizzo effettivo, la quale non sarebbe debitamente comprovata. Ma non solo, perché essa viene descritta dalle società come un dispositivo di protezione individuale (DPI): in realtà risulta registrata presso il Ministero della Salute come “dispositivo medico di classe I”.
Vengono inoltre contestate altre “omissioni e ambiguità nelle informazioni presenti sul sito in relazione al diritto di recesso, alla garanzia legale di conformità e al meccanismo extra-giudiziale di reclamo e ricorso”. Per la gravità della condotta, l’Autorità ha avviato un subprocedimento cautelare, “volto a verificare la sussistenza dei presupposti per la sospensione provvisoria di tale pratica, assegnando alle società un breve termine per la risposta”.
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Come detto prima, Striscia la Notizia ha iniziato a indagare sulla vicenda U-Mask a dicembre 2020. Secondo il tg satirico di Antonio Ricci, la mascherina sarebbe stata paragonata anche a dispositivi di protezione individuale come gli FFP2 e gli FFP3. In realtà, la capacità di filtrazione sarebbe non solo sotto la soglia prevista per legge, ma addirittura inferiore a quella di una comune mascherina chirurgica da 50 centesimi. Il laboratorio Clodia di Bolzano – che ha certificato la capacità di filtrazione di U-Mask – è attualmente sotto sequestro dei Nas.
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