Amazon denuncia il procuratore di Ny su sicurezza lavoro durante il periodo di pandemia
Amazon presenta un’azione legale contro il procuratore generale di New York.
Letitia James, secondo il colosso delle vendite online di cui tutti ormai conosciamo vita morte e miracoli, non ha l’autorità per regolare le risposte alla sicurezza sul posto di lavoro per il Covid-19, come riportato dai media americani.
Nei mesi scorsi alcuni dipendenti di Amazon hanno manifestato contro le condizioni di lavoro nel magazzino di Amazon a Staten Island, proprio nel momento dove le norme igieniche e le regole per la distanza e il contagio sono e devono essere strette e severissime.
La società nello stesso periodo ha licenziato l’attivista Christian Smalls per aver violato la quarantena retribuita.
Azioni che hanno spinto James ad aprire un’indagine, per Amazon violando la legge.
Si chiama Christian Smalls e non è uno degli spontanei testimonial che Jeff Bezos ha reclutato tra i propri dipendenti, ma un magazziniere che non ha preso la palla al balzo e girare uno spot dove sorride mentre svolge il suo lavoro.
E’ la persona che qualche mese fa ha avviato una “class action” in difesa di tutti i dipendenti di Amazon e di tutti i lavoratori che sono stati costretti a continuare a prestare la propria opera senza adeguate protezioni in questo drammatico periodo di emergenza pandemica.
Con il suo account Twitter “@Shut_downAmazon” (“chiudete Amazon”) ha urlato al mondo che la causa che si sta avviando non è Amazon vs. Chris Smalls, ma Amazon vs. the People: il processo non sarà quindi una questione personale ma riguarderà “il popolo” ossia la moltitudine di persone che non vede rispettati i propri diritti.
Christian, un ex magazziniere del colosso del commercio elettronico, sostiene che Amazon non è riuscito a proteggere adeguatamente i propri lavoratori violando la legge sui diritti umani vigente a New York e altri provvedimenti normativi federali e statali.
Provvedere a mascherine monouso, guanti, distanze. Le regole base che da un anno a questa parte stiamo seguendo tutti.
Smalls ha dichiarato alla stampa di essere stato un dipendente leale e di aver dato tutto se stesso fino al momento in cui, “senza tante cerimonie e gettato da parte come spazzatura”, è stato licenziato per aver insistentemente preteso che Amazon proteggesse dal COVID-19 i lavoratori di colore e quelli latino-americani.
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“Volevo solo che Amazon fornisse dispositivi di protezione di base ai dipendenti e disinfettasse il posto di lavoro” ha dichiarato l’ex magazziniere che, secondo l’azienda, sarebbe stato allontanato per essere tornato al lavoro senza rispettare i quattordici giorni retribuiti di quarantena che il management gli aveva imposto, per “salvaguardare l’ambiente di lavoro stesso”.
In realtà Smalls è stato licenziato da Amazon a marzo dopo aver organizzato uno sciopero in uno dei centri logistici dell’azienda a Staten Island.
A fare il tifo per l’ex magazziniere c’era anche il reverendo Jesse Jackson, pastore battista, animatore di numerose campagne per i diritti civili e per due volte alle prese con l’esperienza politica di candidato alla Presidenza degli Stati Uniti.
Ad occuparsi del licenziamento anche il procuratore generale di New York che starebbe appunto indagando per capire se Amazon ha violato le leggi federali sulla sicurezza dei lavoratori e quelle sulla protezione dei “whistleblowers” ovvero di chi denuncia comportamenti illeciti in azienda.
Nel frattempo sui nostri teleschermi una serie di sgargianti spot fa pensare che in quei magazzini tutto proceda al meglio. E ci convincono a comprare tranquillamente da Amazon, come se niente fosse.
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