Signal, app celebre per aver rappresentato un “porto sicuro” dopo le vicende sulle nuove privacy policy di WhatsApp, non sarebbe esente a sua volta da problematiche di questo tipo. A lanciare l’idea è Forbes, secondo cui l’FBI potrebbe avere accesso alle chat private.
Dopo le vicende sulle politiche di privacy su WhatsApp, la celebre piattaforma di messaggistica è stata al centro di una vera e propria escalation di eventi spiacevoli. Uno su tutti è lo spostamento verso altre applicazioni per messaggi. Due in particolare hanno attratto gli utenti “in fuga” da WhatsApp: Signal e Telegram, che a detta di molti rappresenterebbero delle casseforti di privacy molto più sicure rispetto a WhatsApp.
Signal, in particolare, è stata consigliata da Elon Musk tramite Twitter: come per ogni cosa da lui suggerita tramite tweet, anche l’app di messaggistica ha vissuto un incremento notevole ed esponenziale di download e di utilizzi, arrivando perfino al blocco totale dei servizi in una giornata. A dire il vero, non sono chiari i reali benefici dell’utilizzo di Signal per la privacy delle proprie conversazioni, e questo sarebbe confermato da una nuova inchiesta di Forbes dopo aver analizzato alcuni documenti di un processo.
Forbes, come già detto, afferma di aver analizzato i documenti relativi ad un processo in corso negli Stati Uniti, che coinvolge un’accusa di traffico di armi e tentato omicidio, con gli imputati che avrebbero contrattato la vendita delle armi illegali proprio tramite Signal.
All’interno di questi documenti, Forbes riporta di aver preso visione di alcuni screenshot delle chat incriminate, provenienti dall’iPhone di uno degli indagati. Tali screenshot sono completamente in chiaro e mostrano tutti i dettagli che si possono estrapolare da una conversazione. A detta di Forbes il messaggio è chiaro: nonostante le elevate restrizioni della crittografia imposta da Signal – che secondo alcuni dovrebbe essere ben più restringente rispetto ad altre app concorrenti, come WhatsApp o Telegram – ciò non è servito a tener segrete le conversazioni, che sono finite ben presto in mano all’FBI.
A prescindere dalla correttezza o meno di questa mossa, resta un enorme punto interrogativo sulle modalità con cui l’FBI abbia potuto estrapolare degli screenshot sulle conversazioni. In realtà una risposta c’è: i servizi segreti statunitensi farebbero uso di due strumenti, chiamati rispettivamente GrayKey e Cellebrite.
Questi due strumenti sfruttano delle vulnerabilità di iPhone, probabilmente non noti, che consentono di sbloccare dall’esterno lo smartphone senza conoscere ID e password d’accesso. Così facendo, in sostanza i servizi segreti non avrebbero violato le norme di privacy dell’app di messaggistica, quanto piuttosto di iPhone stesso.
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A differenza di quanto si possa pensare, quindi, in questo caso – e chissà in quanti altri casi – la “colpa” della mancata segretezza e privacy nelle conversazioni non va attribuita a Signal (che tra l’altro usa gli stessi protocolli crittografici di WhatsApp), quanto piuttosto ad Apple. E in ogni caso, è chiaro come le forze dell’ordine abbiano accesso non soltanto ad un’app, ma a tutto il dispositivo qualora necessario.
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