L’ordine in via cautelare d’emergenza ad Apple arriva direttamente dal Tribunale civile di Milano, secondo cui il contenuto del dispositivo di Carlo Costanza, giovane di 25 anni che ha perso la vita in un incidente, rappresenta eredità digitale
Lo scorso 3 Marzo, a Milano, il giovane Carlo Costanza ha perso la vita ad appena venticinque anni in un incidente stradale. La terribile notizia sconvolge la città: Carlo è un giovane di brillanti speranze: originario di Agrigento, lavorava proprio nel capoluogo lombardo come chef.
Anche Carlo, come tutti, possedeva uno smartphone dentro cui conservava fotografie, video e anche annotazioni sulle sue ricette: un ragazzo come tantissimi, che aveva scelto come proprio smartphone personale un iPhone. Come ben si sa, i prodotti Apple sono caratterizzati da un elevato tasso di sicurezza e privacy, che li rendono spesso inutilizzabili in caso di smarrimento o comunque di passaggio ad altro proprietario senza previa concessione del proprietario precedente.
Proprio su questo hanno fatto leva i genitori di Carlo, i quali hanno tentato di spiegare ad Apple che, per loro, l’insieme di ricordi contenuti nel suo telefonino avrebbero rappresentato un modo per colmare l’enorme vuoto lasciato dalla prematura scomparsa del figlio.
Il contenzioso con Apple
Assieme ai legali Assuntina Micalizio e Mirko Platania, i genitori del giovane Carlo hanno provato a spiegare le proprie motivazioni ad Apple. L’azienda, però, aveva ben presto risposto che non avrebbe mai concesso lo “sblocco” dello smartphone in favore dei genitori, invocando la protezione dell’identità di terzi in contatto con il giovane, ma anche la sicurezza dei clienti. Aveva peraltro preteso che i genitori si dotassero di una serie di pre-requisiti giuridici, come l’essere “agenti” del defunto e portatori formali di un “consenso legittimo” secondo le definizioni dell’Electronic Communications Privacy Act.
Una serie di adempimenti burocratici tutt’altro che semplici, soprattutto se si considera il momento buio vissuto dai famigliari. In ogni caso, è arrivata ben presto la sentenza del giudice della I sezione Martina Flamini, che ritiene:
“…del tutto illegittima la pretesa avanzata da Apple di subordinare l’esercizio di un diritto, riconosciuto dall’ordinamento giuridico italiano, alla previsione di requisiti del tutto estranei alle norme di legge nazionali”.
Il parametro preso in esame dalla sentenza è l’art. 2-terdecies introdotto nel 2018 nel Codice della privacy e riguarda la tutela dei dati personali, demandata alla persona in vita in primo luogo. Qualora, però, questa persona non dovesse più essere in vita, la responsabilità sui dati viene affidata a chi agisce “per ragioni familiari meritevoli di protezione”.
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Cosa dovrà fare l’azienda statunitense?
In tal senso, quindi, il giudice ha riconosciuto che sussistono il legame esistente tra genitori e figli nonché la volontà di realizzare un progetto che possa tenere in vita la memoria. In altre parole, i dati del giovane Carlo rappresentano eredità digitale e in quanto tali rappresentano una fonte di ricordo a dir poco fondamentale per i genitori. Apple dovrà quindi “sbloccare” l’iPhone di Carlo in favore dei genitori, dando loro pieno accesso ai contenuti del dispositivo.