Wind nella bufera: sequestrati alla casa di telefonia 21 milioni di euro. Ecco perché.
E’ capitato a tutti :un click nella parte sbagliata, e si è automaticamente collegati ad abbonamenti, soldi del credito spesi, senza aver dato l’okay. Le classiche truffe.
Ora, però, sembra non andar bene a Wind, che se bene lavava le mani dando la colpa ai truffatori appunto, dicendo di aver rimborsato i clienti caduti in queste situazioni spiacevoli.
La gip Stefania Nobile ordina, su richiesta della Procura di Milano per l’ipotesi di reato di «frode informatica», il sequestro preventivo a Wind di ben 21,2 milioni di euro, pari alla “percentuale incamerata da Wind per i servizi attivati pacificamente con modalità fraudolente” fino al novembre 2018 dalle società produttrici di contenuti Brightmobi e Yoom per il tramite della piattaforma tecnologica Pure Bros.
Ventuno milioni che diventano in totale 38 milioni se si sommano gli altri precedenti sequestri a carico dei già coinvolti fornitori di servizi (a cominciare dai 12 tolti in estate appunto alle società Brightmobi e Yoom di due giovani informatici italiani a Dubai).
Cosa è successo in questi giorni
Il blitz è scattato nella giornata di giovedì 14 gennaio e sono in corso tutti gli accertamenti del caso per verificare meglio quanto successo e le eventuali responsabilità.
Il sequestro è stato accompagnato dalle motivazioni del Gip di Milano: “Esiste la necessità di delineare nell’organigramma di Wind chi, a conoscenza del meccanismo fraudolento, avesse il potere-dovere di attivarsi per segnalarlo alle autorità competenti e/o risolvere i contratti. I rimborsi effettuati non assumono rilevanza perché si riferiscono a pagamenti di febbraio-agosto 2019, dunque successivi all’ultimo pagamento effettuato verso Brightmobi e Yoom da Pure Bros, che si era nel frattempo vista riconoscere da Wind il 50% del profitto su ogni utenza attivata“.
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E indicativa è anche la nuova contestazione ai tre ex manager Wind (Alessandro Lavezzari, Luigi Saccà, figlio dell’ex direttore generale Rai Agostino, e con minor ruolo Fabio De Grenet), che nell’estate scorsa apparivano indagati solo per la coda penale di un aspro contenzioso civile tra Pure Bros e un fornitore, e ai quali ora è invece contestato il concorso nella medesima frode informatica addebitata ai 7 amministratori o manager di Brightmobi, Yoom e Pure Bros.
Com’è iniziata la vicenda
La vicenda risale agli anni scorsi quando l’azienda, secondo l’accusa, era riuscita a far attivare all’utente con un sovraprezzo sulla scheda giochini, suonerie, meteo, oroscopi, gossipi e streaming di video e musica tramite l’inganno di banner fraudolenti.
Da qui sono iniziati tutti gli accertamenti della Procura di Milano che ha portato al sequestro di oltre 21 milioni di euro e ad un approfondimento che continuerà nelle prossime settimane. Un pugno duro che potrebbe essere un precedente anche in altre situazioni.
Non è la prima volta, infatti, che succede un episodio simile e non si escludono indagini per valutare eventuali reati da parte di concorrenti di Wind. Vicende che sono da tempo sul tavolo dell’Antitrust e che ora sono finite sotto la lente di ingrandimento della giustizia italiana e, in particolare, della Procura di Milano.