Twitter conferma la linea dura intrapresa nei confronti di Trump, sospendendo in maniera permanente l’account personale del presidente, ma alla Borsa di Wall Street le sue azioni crollano a picco
Alla fine è successo: nella tarda serata di venerdì, 8 gennaio 2021, Twitter Inc. ha bloccato permanentemente l’account personale del presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump, dopo la sospensione di 24 ore terminata il giorno precedente. Trump era infatti tornato “in grande stile”, criticando la non concessa libertà di espressione sulla piattaforma. La società ha quindi scelto di prendere la decisione più drastica nei confronti del presidente, chiudendo il suo principale strumento di comunicazione, dato il “rischio di ulteriori incitamenti alla violenza”. Trump contava 88 milioni di seguaci.
La mossa di Twitter ha quindi coronato due giorni di forte escalation di azioni da parte delle società di social media, sulla scia della rivolta che ha causato la morte di cinque persone a Washington, durante le ormai note rivolte di Capitol Hill, in favore di Trump. Anche Facebook – che aveva anch’esso annunciato una sospensione temporanea dell’account ufficiale di Trump per 24 ore in seguito alla rivolta – ha confermato l’estensione di questa “misura” a tempo indeterminato, almeno fino al termine effettivo del mandato presidenziale del tycoon. A questo si è unita anche la chiusura del social network Parler, diventato un “ritrovo virtuale” di sostenitori dello stesso Trump, ma anche di conservatori, teorici della cospirazione ed estremisti di destra.
Il crollo in borsa di Twitter e le critiche di Germania e Francia
Le decisioni hanno avuto grande risalto in tutto il mondo e, contrariamente a quanto si possa pensare, non hanno generato un plebiscito di approvazioni. Come riporta l’agenzia Ansa, all’avvio delle contrattazioni, Twitter è letteralmente affondata alla Borsa di Wall Street: i suoi titoli hanno perso oltre 10 punti percentuali. Male anche Facebook, che perde il 3,30%.
Tra i paesi che hanno espresso il loro dissenso nei confronti della decisione presa da Twitter spiccano Francia e Germania: in una conferenza stampa, il portavoce Steffen Seibert – rispondendo a una domanda specifica sull’argomento – ha affermato che “La cancelliera Angela Merkel ritiene problematico che sia stato bloccato in modo definitivo l’account Twitter di Donald Trump“.
Più chiara la posizione della Francia, che fa riferimento alla libertà di parola ed espressione, tornata nuovamente di attualità date le vicende ed il caso Parler. La Francia deplora infatti la decisione di Twitter di escludere il presidente uscente degli Stati Uniti, sottolineando che regolamentare la rete non spetta ai colossi del web. “Ciò che mi sciocca è che sia Twitter a decidere di chiudere il profilo di Trump“, ha dichiarato il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire. “La regolamentazione dei colossi del web – ha avvertito – non può avvenire attraverso la stessa oligarchia digitale“.
E anche l’Unione Europea evidenzia da tempo la necessità di nuove regole in questo campo: “Vorremmo conciliare il rispetto dei diritti fondamentali con una maggiore responsabilità delle piattaforme social. Per questo, è necessaria una maggiore regolamentazione del mondo online da parte dei governi”, ha affermato un portavoce della Commissione europea.
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Lo scorso 15 dicembre, la Commissione UE ha infatti presentato la sua proposta per regolamentare i contenuti online (il Digital Services Act) il quale, ha ricordato il portavoce, prevede che le piattaforme spieghino “come moderano i contenuti”; stabiliscano “in termini chiari quali sono le regole” e informino esaustivamente “sulla decisione di sospendere un account”.
Ma, alla fine, si è ancora lontani dal trovare una soluzione definitiva al “problema” della libertà di parola ed espressione online.