Un’app per il contact tracing utilizzata a Singapore per tracciare i contagi da Covid-19 ha letteralmente annullato tutte le garanzie di privacy. Vediamo cos’è successo
Le app per il contact tracing nate nel corso di questa pandemia da Covid-19 sono state concepite sotto un unico punto fisso: quello di garantire sempre e comunque la privacy degli utenti che ne fanno utilizzo. Tali applicazioni infatti, per garantire la piena funzionalità del tracciamento dei contatti, devono per forza di cose far uso di due strumenti: lo smartphone, con tutti i mezzi di cui dispone (tra cui il Bluetooth e il GPS, ad esempio) e i dati dell’utente registrato, che li cede volontariamente.
La cessione dei dati personali deve avvenire per forza di cose. Un utente deve essere identificato, qualora positivo, dall’applicazione e quindi dal sistema sanitario del Paese per poter avviare l’iter di identificazione dei contatti e prevenire ulteriori contagi. A Singapore l’app di contact tracing è stata avviata sotto questi presupposti, ma è stato fatto un passo indietro notevole in questi giorni.
Singapore aveva in precedenza affermato che chiunque volesse installare l’applicazione TraceTogether avrebbe avuto garanzia di privacy totale circa i propri dati personali. A quanto pare, però, è stata una manovra svolta soltanto per invitare il maggior numero di persone a registrarsi nell’applicazione: i numeri sembrano confermare l’esito positivo di questa campagna mediatica, dato che l’80% dei residenti di Singapore fa uso di TraceTogether.
In questi giorni, però, l’amministrazione ha fatto dietrofront in maniera piuttosto decisa, cedendo i dati personali degli iscritti alla Polizia per svolgere determinate indagini. In questo modo sono state letteralmente cancellate tutte le precedenti garanzie di privacy, “a fini di indagine penale” secondo quanto riportato dal ministro degli interni Desmond Tan.
Inutile dire che il fatto ha suscitato grandissimo clamore nei media nazionali e internazionali. In tantissimi si sono espressi in modo contrario al governo di Singapore, e molti degli utenti iscritti hanno affermato di aver cancellato l’applicazione.
Singapore nella lotta al Covid-19 è stata tra le prime al mondo a mettere in atto sistemi di tracciamento dei contatti. Risale infatti a marzo la prima adozione di queste misure, che rendono la città-stato del sud-est asiatico uno dei pionieri del contact tracing tramite applicazioni da mobile.
L’app TraceTogether fa uso del bluetooth e, a differenza di Immuni in Italia – che sfrutta un sistema di conservazione dei dati personali decentralizzato, ossia in ogni dispositivo degli utenti – ingloba i dati personali in un server centrale in modo anonimo.
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Non è stato l’unico strumento di tracciamento sfruttato da Singapore: dopo qualche tempo infatti l’amministrazione ha introdotto un token, un dispositivo di tracciamento portatile, che ha permesso di sostituire lo smartphone e ha consentito, tra gli altri benefici, di ritornare a scuola in sicurezza.
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