Le microtransazioni sono sempre più al centro delle cronache quotidiane quando si tratta di videogiochi. Ma di cosa si tratta? E perché stanno diventando sempre più un problema per i giovani? Analizziamo la situazione
Il mondo dei videogiochi è cambiato notevolmente nel corso degli ultimi vent’anni, avendo attraversato quattro generazioni videoludiche, ognuna con le proprie caratteristiche peculiari. La direzione intrapresa, in ogni caso, sembra essere soltanto una: quella di una sempre più grande interazione console – Internet. Ad oggi una console non connessa ad Internet è un dispositivo troncato, quasi impossibile da valutare come esperienza di gioco concreta.
Ma è proprio questa direzione intrapresa dal mondo videoludico che ha introdotto nuove opportunità per i giocatori, e soprattutto per le aziende che li producono. Una di queste prende il nome di microtransazioni e rappresenta ad oggi più un motivo di lamentele e preoccupazioni che altro. Di cosa si tratta? E perché sta diventando un problema concreto?
Le microtransazioni consistono nella possibilità per un utente di effettuare degli acquisti, anche di importo estremamente ridotto, all’interno di un videogioco. In tal senso, il videogioco coinvolto propone di solito uno store digitale del tutto somigliante a quello degli e-commerce più noti, in cui si possono aggiungere elementi al carrello ed effettuare quindi l’acquisto tramite una carta di credito, un account PayPal oppure qualsiasi sistema di e-wallet noto.
Talvolta le microtransazioni assumono connotati un po’ diversi, che danno la sensazione di “aggirare” il problema e di rendere più vantaggiosa la situazione: anziché acquistare direttamente con il proprio denaro oggetti di gioco, si acquistano le “monete virtuali” per lo store digitale del gioco, tramite le quali poi si procede a riscattare gli elementi desiderati.
Esistono dei precisi titoli che consentono agli utenti di usufruire delle microtransazioni. In primis i giochi gratuiti, chiamati anche free to play, che quasi sempre propongono al proprio interno store digitali dove acquistare componenti di varia natura. Per determinati giochi, come i celebri Fortnite o Rocket League, questi elementi aggiuntivi sono del tutto opzionali e offrono novità solo a livello estetico: spendere soldi non migliorerà in alcun modo il vostro rendimento nel gioco.
Alcuni titoli, però, permettono di vincere con più facilità grazie agli acquisti in gioco: tali titoli vengono chiamati infatti pay to win e sono rappresentati per lo più dagli MMORPG, i giochi di ruolo online.
Vi sono, tuttavia, anche giochi a pagamento – i classici titoli reperibili in negozio – che propongono microtransazioni. E’ il caso dei giochi sportivi, quali Fifa, PES o NBA, che consentono di spendere denaro per riscattare dei “pacchetti” contenenti giocatori: i più fortunati riescono a trovare giocatori molto forti, in grado di aiutare parecchio nella vincita di più partite.
I videogiochi sono la principale frontiera dell’intrattenimento odierno, sia per i giovani sia per gli adulti. E questo induce i giocatori a voler spendere per poter vincere di più, o per poter migliorare il proprio “status” nel gioco di riferimento.
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Il problema, però, è che molto spesso le microtransazioni assumono gli stessi connotati del gioco d’azzardo e innescano nella mente dei giocatori – soprattutto dei più giovani – il desiderio di rischiare denaro sempre di più, per puntare a migliorare il proprio gioco.
Un altro problema è che le microtransazioni si presentano con grande facilità di utilizzo: è davvero semplice effettuarne una, in quanto basta collegare una carta di credito o un account PayPal e la transazione è immediata, e questo le rende estremamente appetibili e accessibili a chiunque.
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