Sfruttare la gravità esercitata dal Sole per studiare esopianeti molto lontani su cui ipotizzare la vita umana in un altro posto della Galassia? Secondo uno studio recente svolto alla Stanford University, sarebbe possibile eccome, tramite l’utilizzo di un telescopio futuristico che sfruttando il potere gravitazionale del Sole potrebbe un domani (si spera non troppo lontano) studiare nei minimi dettagli l’atmosfera di tali esopianeti.
Lo studio in questione è condotto da Bruce Macintosh insieme a un team che con lui sta collaborando a questa ricerca che si basa su decenni di studi a loro volta condotti da altri ingegneri e scienziati che cercano informazioni sugli oltre 5.000 pianeti al momento conosciuti al di fuori del nostro Sistema Solare.
In pratica si tratterebbe, secondo quanto ha pubblicato il Team di ricerca Inverse su The Astrophysical Journal, di utilizzare il Sole come un vero e proprio telescopio stellare: una ipotesi giù formulata in passato, che tuttavia grazie al nuovo team di ricerca potrebbe arricchirsi di nuovi dettagli e di maggiori possibilità di realizzazione.
Ecco come funzionerebbe il telescopio gravitazionale
Questo tipo di telescopio, chiamato appunto telescopio gravitazionale, utilizza una tecnica astronomica di lunga data chiamata lente gravitazionale. Questo tipo di effetto ottico si verifica quando un oggetto massiccio che si trova in primo piano (come una galassia) piega la luce di un oggetto distante sullo sfondo (come ad esempio un pianeta). Una teoria già formulata e dimostrata da Einstein nel 1926.
Sarebbe come utilizzare un telescopio del calibro di Hubble a una distanza molto elevata, circa 550 UA (Unità Astronomiche), il che equivale a dire due volte più lontano di Plutone dalla Terra. Questa distanza rappresenta la regione focale della lente gravitazionale del Sole, consentendo alla sorgente che richiede ingrandimento (l’esopianeta) e alla lente del Sole di allinearsi in modo che il telescopio possa vedere oggetti più distanti rifratti dalla gravità del Sole.
Il telescopio dovrebbe probabilmente essere dotato di uno schermo solare (un coronografo) per proteggerlo da qualsiasi luce parassita e bloccare la luce del Sole. I coronografi sono ben testati nello spazio e sono già parte integrante di alcuni strumenti che si trovano a bordo del James Webb Space Telescope.
Poiché al momento questo tipo di rilevamento avviene sempre “per caso”, sfruttare il Sole come lente gravitazionale potrebbe consentire di esaminare invece pianeti già scoperti, rendendo il processo di indagine più efficiente. Ad esempio un telescopio di tal fatta potrebbe essere in grado di guardare lo spettro dell’atmosfera di un lontano pianeta roccioso per captare eventuali segnali o residui di clorofilla, cercare di captare il segnale “lucido e riflettente” dell’acqua, o guardare le composizioni chimiche delle nuvole.
Rifacendosi ai pionieristici studi telescopici del 1600 relativi alla Luna ed agli anelli di Saturno e di Giove con uno dei primi telescopi, Macintosh ha fatto un curioso parallelismo: “È come se Galileo guardasse attraverso il telescopio per la prima volta“.