Le aziende rimandano al mittente l’accusa, in quanto a loro dire, l’accordo non rientra nella categoria indicata dall’Antitrust
Si potrebbe parlare dell’ennesima accusa che costringerà il CEO di Meta a fare i conti con le normative del vecchio continente. Dopo la sequela che ha visto coinvolti i canali social della società californiana, chiamati in causa per la loro gestione nebulosa legata al trattamento dei dati e dunque della privacy degli utenti, ecco spuntare uno nuovo fronte di attrito.
Questa però è tutta un’altra, se vogliamo più controversa, vicenda. Perché ad aprire un fascicolo sulle scelte aziendali sono due enti, l’Antitrust della Comunità Europea e anche quella del Regno Unito. Gli enti infatti avrebbero accusato Meta, e con essa anche Google, di comportamento commerciale scorretto. Alla base della querelle ci sarebbe un accordo di ferro tra le due società, rinominato Jedi Blue, avente come oggetto la gestione degli spazi pubblicitari online. L’Autorità Garante contesta ad entrambe la segretezza del patto, reputandolo scorretto e anti concorrenziale.
Va detto però che i portavoce delle aziende hanno ribattuto con fermezza ad ogni tipo di accusa. Contestano tutto il pacchetto, a partire dall’obiezione legata alla segretezza.
Secondo il portavoce aziendale di Google infatti, non ci sarebbe nulla di nascosto. Jedi Blue infatti è un accordo stipulato in forma pubblica e condiviso senza omissioni, già da parecchi anni. E’ dal 2018 che è in corso e pare che nessuno ne facesse mistero. Ed è su questa tesi che si baserebbe la posizione delle società statunitensi. Non nascondendosi dentro a nulla, e svolgendo tutto alla luce del sole. Ma non finisce qui. Menlo Park infatti sottolinea come il patto non solo sia correttamente formalizzato ma andrebbe, contrariamente a quanto sostenuto dall’Antitrust, a vivacizzare il mercato del marketing online.
In risposta al Garante, l’azienda sostiene che Jedi Blue, oltre ad essere più che verificabile senza timore di errori o falle, è favorevole alla competizione. Consentirebbe a a Facebook Audience Network (Fan) di partecipare al nostro programma Open Bidding, e questo, insieme a decine di altre società. L’obiettivo dell’accordo, a detta del portavoce, consentirebbe di aumentare la domanda di spazi pubblicitari degli editori, così da aiutare gli editori ad aumentare i ricavi.
Sta di fatto che l’Antitrust di ben due realtà governative vogliono vederci chiaro, e l’apertura di questi fascicoli richiederà alle società coinvolte di mettere a lavoro lo stuolo di avvocati a libro paga. Sembra tuttavia di essere di front all’ennesimo match che cerca di regolarizzare le attività di questa tipologia di aziende che operano in contesti normativi molto stringenti.
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