Idee chiare da parte del team compatto dei giornalisti RAI che si tutelano, e mandando allo stesso tempo un chiaro segnale al governo di Mosca
I venti gelidi di guerra non si stemperano neanche con l’arrivo imminente della primavera. E con l’inasprirsi del conflitto ecco che un nuovo fronte, quello della comunicazione, diventa il banco di prova per misurare la capacità del governo di Mosca di portare avanti le posizioni belligeranti che sono sfociate in questo momento delicato che ha portato uno scenario tetro nel cuore dell’Europa.
Il presidente russo Putin ha infatti deciso di agire anche su questo canale. Con una serie di normative create ad hoc, e che riguardano proprio la capacità di espressione del quarto potere. In questo caso l’obiettivo è quello di omologare il lessico legato a quanto sta accadendo. E a tutti coloro i quali non intendono allinearsi alle direttive, sono promesse una serie di pesanti conseguenze.
Ai giornalisti che effettuano delle comunicazioni in suolo russo è infatti proibito l’utilizzo di alcune parole chiave che identificato la gravità della situazione per quella che è.
La nuova legislazione parla chiaro. Sono previsti fino a 15 anni di carcere a tutti i divulgatori di informazioni che per raccontare la gravità del momento storico impiegano termini quali “guerra”, “invasione” e “offensiva”. La propaganda di questo pseudo regime accetta solo la definizione di operazione militare speciale.
Ed i giornalisti di casa Rai non ci stanno. E proprio come forma di autotutela hanno deciso di divulgare, sui canali ufficiali della Tv di Stato, un comunicato che ha le idee molto chiare e ben definite sulla loro posizione in materia. I professionisti dell’azienda infatti hanno espresso il loro netto diniego a diffondere informazioni che non siano allineate con la capacità si esprime, tramite il libero pensiero, la realtà dei fatti. Pertanto casa Rai non effettuerà più collegamento diretti dalla Russia. E non solo. A raccontare quello che è l’attuale conflitto saranno le voci delle emittenti e testate più vicine all’Ucraina. Le fonti verranno poi re-indirizzate sui telegiornali del nostro paese, come informazioni, seppur autorevoli, ma di seconda mano.
Resta ben chiaro che questo è solo uno degli atti che tendono a voltare le spalle ad un sistema, ed un paese, che attraverso le scelte di un governo belligerante, sta sovrascrivendo in maniera violenta un delicato equilibrio. Dopo le grandi aziende Big Tech, e i canali social, ora anche la stampa italiana condanna, se pur in maniera indiretta e con raffinatezza, l’impalcato che imbavaglia l’informazione.
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