Il provvedimento firmato dal Senato degli Stati Uniti impone un’ulteriore stretta alle attività commerciali tra i paesi
Nuovo episodio di chiusura da parte del governo americano che persegue la sua politica di embargo commerciale nei confronti della Cina. Questa volta a formalizzare l’ennesimo atto, in continuità alle decisione prese nei mesi precedenti, ci ha pensato il Senato statunitense. L’organo infatti è intervenuto sottoscrivendo il Secure Equipment Act. Questa delibera sancisce che le aziende considerate una minaccia per la sicurezza nazionale non potranno più ricevere delle nuove licenze. E di conseguenza il regolare approvvigionamento delle attrezzature cesserà di sussistere.
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Secondo l’iter giudiziario, affinché questa regolamentazione entri in vigore dovrà essere sottoscritta dal Presidente Joe Biden. Ma nessuno crede in un colpo di scena dell’ultima ora. Questo perché a presentazione dell’atto rappresenta un plebiscito che ha messo d’accordo sia il comparto dei senatori repubblicani, e del loro principale esponente Marco Rubio, sia dei democratici, capitanati da Ed Markey rappresentante del centralissimo del Massachusetts.
Il provvedimento chiude inoltre il cerchio della strategia di autoregolamentazione impostata anche dalla Federal Communications Commission (FCC). Parliamo quindi dell’ente statale che si occupa di rilasciare le autorizzazione alla produzione degli apparecchi elettronici. Quest’ultimo lo scorso giugno aveva deciso autonomamente di non accettare più le richieste delle aziende cinesi inserite nella black list. Ma vi è di più. All’orizzonte aveva paventato la possibilità di procedere addirittura con delle clamorose revoche.
L’elenco delle società soggette a questo vincolo è sostanziale, e alcune di essere rappresentano dei pezzi da novanta sul piano del mercato finanziario internazionale. Si tratta infatti di azienda quali Huawei, ZTE, Hytera Communications Corp, Hangzhou, Hikvision Digital Technology Co. e Zhejiang Dahua Technology Co.
A subire però maggiormente questa situazione è senza dubbio Huawei, di fatto tagliata fuori dai giochi per essere soggetta a questa forma di daspo commerciale da ben due anni. E’infatti stata la prima a toccare con mano gli effetti dell’essere ostracizzata.
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Per quanto riguarda quindi le reazione della controparte cinese, queste non si sono fatte attendere. Se da un lato i vertici delle aziende avevano già condannato la posizione di chiusura decisa dalla FCC definendola inutile ed ingiusta, dall’altro anche i portavoce del governo ci hanno tenuto a dire la loro.
Secondo le dichiarazioni rilasciate infatti agli Stati Uniti si imputa un prolungato e immotivato abuso di potere. Non ci sarebbero, sempre in base alla loro versione, prove che accertino il rischio alla sicurezza nazionale. E di conseguenza la stretta sulle aziende cinesi, e contro il governo di Pechino, non avrebbe senso di sussistere.
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