Nello spazio sono state avvistate e scoperte due galassie che risalgono ai primi albori dell’universo: queste due galassie, che sono state nascoste fino a oggi da una polvere cosmica, si sono formate circa un miliardo di anni fa, subito dopo il Big Bang, quindi proprio all’inizio dell’universo.
La scoperta quindi, analizzandola meglio, denota che l’universo primordiale è quasi sicuramente molto più ricco e popolato di quanto sembri. Infatti la polvere interstellare potrebbe aver nascosto fino ad oggi intere popolazioni di galassie finora sconosciute.
La ricerca che ha portato alla scoperta di queste due galassie si è svolta presso la Waseda University giapponese, ed è stata coordinata da Yoshinobu Fudamoto in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa e con l’Università La Sapienza di Roma.
Il radiotelescopio Alma ha permesso la scoperta delle due galassie
Arrivare a vedere le due galassie è un evento che è stato reso possibile grazie all’aiuto del radiotelescopio Alma dell’Osservatorio Meridionale Europeo, altrimenti conosciuto come Eso, posizionato a 5.000 metri di altezza sulle Ande cilene.
Grazie a questo radiotelescopio, Fudamoto ha potuto vedere le polveri cosmiche, piene di carbonio ionizzato, in zone che fino a quel momento erano ritenute vuote e prive di corpi celesti. Approfondendo le ricerche, con i colleghi della collaborazione Rebels, lo scienziato ha scoperto che quelle polveri provenivano da due galassie fino a quel momento sconosciute, e invisibili perché nascoste dalla polvere cosmica.
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Sembra che queste galassie si siano create circa 13 miliardi di anni fa, subito dopo la grande esplosione (il Big Bang) che ha creato l’universo, e hanno le stesse caratteristiche (o quasi) di quelle che si sono formate alla stessa epoca. L’effetto della polvere cosmica è «un effetto – rileva la Scuola Normale di Pisa in una nota – che tipicamente si osserva solo per oggetti astronomici molto più evoluti», rivelano dalla Normale di Pisa in una nota ufficiale. «La presenza di questi due oggetti potrebbe essere solo la punta dell’iceberg dell’esistenza di una popolazione di galassie precedentemente sconosciuta agli astronomi», conclude il comunicato ufficiale.
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Al progetto hanno collaborato anche degli studiosi italiani, Andrea Ferrara e Andrea Pallottini, della Normale di Pisa, Raffaella Schneider e Luca Graziani della Sapienza, associati all’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Ferrara, «Il risultato ci suggerisce che l’attuale censimento della formazione delle prime galassie è molto probabilmente incompleto e richiederà indagini più profonde. Le nuove strumentazioni porteranno a significativi progressi in questo campo nei prossimi anni», il commento di Ferrara. A cui fa eco Schneider, che ha affermato che «la scoperta di galassie così oscurate in un’epoca in cui l’universo è ancora relativamente giovane apre degli interessanti interrogativi sui meccanismi di formazione della polvere interstellare».