C’è grande fermento presso i laboratori della Nasa che stanno analizzando i nuovi campioni prelevati da Perseverance
Seguendo quelle che sono state le aspettative della missione credevamo di dover attendere ancora qualche giorno per riuscire a superare l’alone di mistero che circonda il pianeta rosso, ma probabilmente gli scienziati della NASA hanno già tra le loro mani materiale per rispondere a parte delle domande per le quali è partita la missione di Perseverance.
Sarà lo studio dei due campioni prelevati da Rochette a fornire il supporto necessario alle prime analisi. Montdenier e Montagnac, questi i nomi assegnati ai risultati dei carotaggi, sono delle dimensioni di una matita e hanno già creato molto fermento tra i ricercatori.
Il prelievo, eseguito dal braccio robotico del rover era già stato un successo, dopo il primissimo tentativo fallimentare eseguito su una roccia che poi si era rilevata troppo friabile.
Solo successivamente, compreso meglio l’errore, si è deciso di indirizzare la ricerca sulla cresta di “Citadelle”, in un punto ripido all’interno del cratere di Jezero.
Le caratteristiche del luogo, l’asperità e lo sverzare costante dei forti venti marziani, avevano fatto intendere che il materiale sarebbe stato sicuramente più resistente.
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L’approccio a Rochette è stato un avvicinamento graduale, che ha richiesto una prima fase di scalfittura e sondaggio. Solo successivamente si è proceduto con il prelievo e l’incapsulamento all’interno di uno dei quarantatré tubi di titanio dei quali è fornita la missione.
Cosa stiamo imparando dalla missione che sta svolgendo Perseverance su Marte
Montdenier e Montagnac ci raccontano entrambi che su Marte c’è stato un tempo in cui l’acqua era presente sulla superficie. E inoltre è probabile che dove oggi noi vediamo un cratere, ci sarebbe potuto essere stato un lago di origine vulcanica o addirittura un oceano.
Questo si deduce dall’evidenza che sui campioni sono inequivocabili i segni di un costante e protratto contatto in ambiente acquatico.
Da qui l’equazione si fa molto più semplice. Se c’è stata acqua sul pianeta rosso, è ora molto più probabile che si riusciranno a trovare tracce di vita biologica antica.
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Le prime dichiarazione del responsabile della missione, nonché presidente della Divisione di Scienze Geologiche e Planetarie al Caltech che segue da vicino tutte le operazioni di laboratorio per conto della NASA, Ken Farley confermano che questa sia l’ipotesi più accreditata.
Tuttavia sarà solo la missione di rientro Mars Sample Return (MSR), programmata per il 2030 e che riporterà sulla Terra i tubi di titanio raccolti da Perseverance, a permettere al team di ricercatori di Pasadena di rispondere in maniera definitiva agli interrogatori ancora avvolti nella polvere marziana.