Dopo la prima emergenza Covid, i musei hanno spolverato le opere e hanno aggiunto un pizzico di tecnologia. Ora, sarà lei a illustrarvi cosa potrebbe piacervi.
Non si tratta soltanto di sfruttare le potenzialità offerte dal digitale per migliorare la propria comunicazione e rendere la propria offerta culturale d’appeal anche verso un target più allargato.
Quando si parla di innovazione nei musei si fa riferimento a un territorio più vasto, diversificato, che vede i luoghi d’arte sfruttare le tecnologie più moderne per migliorare la fruizione da parte dei visitatori — ossia quella che in altri contesti sarebbe indicata come customer experience — e più in generale rendere coerente, immersivo, aumentato, sensoriale, persino personalizzabile, il loro stesso racconto.
I musei bolognesi hanno infatti ideato un sistema di intelligenza artificiale capace di misurare il gradimento di un’opera d’arte da parte del visitatore che la osserva.
Il sistema si chiama ShareArt ed è stato sviluppato da ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico) a partire dal 2016, con prove concrete all’interno dei percorsi espositivi bolognesi effettuate già dal luglio del 2020.
Il progetto pilota si è aperto il 15 giugno 2021 al definitivo accordo con l’Istituzione Bologna Musei, che sovraintende a tredici sedi espositive, oltre al Complesso monumentale della Certosa.
La tecnologia aiuta, ma da sola non può bastare per rivoluzionare i modelli organizzativi, anche quelli che hanno il proprio cuore nei processi di transizione digitale. È infatti fondamentale il pieno coinvolgimento delle persone che lavorano in azienda affinché valorizzino al massimo la leva tecnologica.
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Intelligenza artificiale in un museo bolognese
ShareArt è composto da una serie di dispositivi di acquisizione dati che, provvisti di telecamera, raccolgono le informazioni e le inviano a un server centrale per l’immagazzinamento e l’elaborazione tramite un applicativo web dedicato all’analisi multidimensionale interattiva.
Tra i dispositivi c’è anche un Intel Neural Compute Stick 2, che si serve di un’unità di elaborazione visiva (VPU) Intel Movidius Myriad X capace di elaborare il segnale video fino a 700 milioni di pixel al secondo.
Che sia uno smartphone, un tablet o un pc, l’idea di digitalizzare e catalogare le opere d’arte è, dall’invio della pandemia, un ottimo modo per fare “entrare” tutti nei musei.
Perché risulti davvero funzionale, però, l’introduzione della tecnologia nei luoghi di cultura dovrebbe essere frutto di una visione strategica: il suo ruolo deve essere quello di avvicinare il fruitore all’oggetto d’arte, per questo non può esserci competizione attentiva tra gli stimoli – si deve evitare, cioè, l’overload di sollecitazioni nei confronti del visitatore – e l’eventuale presenza di dispositivi hi-tech deve essere funzionale all’esperienza di visita, deve aggiungerle qualcosa e non risultare gratuita.
Il corollario è che non si può non puntare sulla qualità: la tecnologia nei musei e negli altri luoghi di cultura.
ENEA ha spiegato che attraverso una telecamera il sistema ShareArt rileva automaticamente i volti che guardano nella sua direzione acquisendo, contestualmente, una serie di informazioni relative al comportamento nell’osservazione delle opere d’arte come, per esempio, il percorso compiuto per avvicinarsi all’opera, il numero di persone che l’hanno osservata, il tempo e la distanza di osservazione, il genere, la classe di età e lo stato d’animo dei visitatori che osservano.
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ShareArt e la protezione Covid-19
Secondo ENEA, l’applicazione al mondo dell’arte di questo sistema consente di monitorare, tramite la generazione di dati oggettivi, il gradimento e la fruizione da parte dell’osservatore dell’opera e degli spazi antistanti la stessa.
Chi si occupa di progettare e ottimizzare l’esperienza in store, del resto, lo sa bene: un ambiente piacevole, gli stimoli sensoriali giusti possono aumentare il tempo di permanenza e migliorare la percezione stessa e il ricordo dell’esperienza di marca . Per un museo succede lo stesso: per questo non deve stupire che le nuove tecnologie siano state sfruttate soprattutto da curatori e museologhi per creare ambienti e uno storytelling immersivo.
Inoltre, poiché si serve in sostanza della computer vision, in periodo di pandemia da COVID-19 ShareArt può rivelare anche se i visitatori che stanno osservando l’opera d’arte indossano correttamente la mascherina.
Il presidente di Istituzione Bologna Musei ha detto: “abbiamo considerato alcune sale delle Collezioni Comunali d’Arte di Palazzo d’Accursio come un laboratorio sul campo per approfondire le dinamiche della fruizione delle opere in relazione al contesto spazio-temporale. Non solo il modo di osservare, ma anche come si arriva all’opera, quanto la si osserva. Sono comportamenti che aiutano i curatori dei musei a comprendere meglio i comportamenti dei visitatori e i ricercatori ad approfondire le dinamiche della percezione del gradimento attraverso la raccolta e la elaborazione di un grande numero di dati“.