Al recente G7 è stato raggiunto un accordo da molti definito come un “terremoto” per l’economia internazionale: è stata introdotta una nuova riforma fiscale che prevede una tassa minima per tutte le multinazionali, non solo di tecnologia. La tassa in questione si articola in due diversi provvedimenti: un’aliquota minima globale pari al 15% per tutte le multinazionali, e per le aziende più grandi (con margine di profitto superiore al 10%) una tassazione aggiuntiva di almeno 20% sui ricavi eccedenti
Già da diversi anni i governi dei principali attori economici internazionali si sono mossi in favore di una tassazione fissa per le grandi aziende operanti in diversi Paesi. In merito sono stati proposti diversi provvedimenti e, in alcuni casi, sono anche stati confermati: basti pensare al caso dell’Australia e della pubblicazione sui social a pagamento, una mossa che dovrebbe garantire maggiori garanzie economiche all’editoria locale.
Per quanto riguarda, però, le multinazionali tecnologiche (e non solo) in generale, spesso è sorto il dubbio sulla correttezza delle tassazioni nei diversi Paesi: i colossi del Web infatti possono aprire filiali nei diversi Paesi con aliquote d’imposta basse, e dichiarare gli utili attraverso esse. Al G7 si è parlato proprio di questo, giungendo ad una decisione che potrebbe rappresentare una svolta epocale per l’economia globale.
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Dopo aver ottenuto l’approvazione anche di Facebook e Google, il G7 ha decretato l’accordo per la nuova tassa globale alle multinazionali del Web e non solo. Il nuovo piano discusso e approvato al tavolo della riunione prevede due diversi provvedimenti.
Il primo consiste in un’aliquota minima fissa per tutte le multinazionali che vendono i propri prodotti, beni o servizi che siano, in Paesi diversi: tale aliquota è stata fissata al 15% per evitare corse al ribasso. In questo modo si contrasta la “pratica” dei paradisi fiscali, tramite cui fino ad oggi è stato facile eludere determinate tassazioni pesanti.
Il secondo, invece, consiste in una manovra più articolata: i grandi colossi del Big Tech (e in generale tutte le multinazionali di dimensioni ancora maggiori) che possono contare su un margine di profitto superiore al 10%, dovranno pagare una tassazione minima del 20% su ogni ricavo eccedente al margine del 10%, nei rispettivi Paesi in cui vengono proposti i beni e servizi in vendita.
Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere inglese, ha definito l’accordo come “storico” e sembra proprio essere questa la linea di pensiero proveniente da tutti i partecipanti alla riunione. Il ministro francese Bruno Le Maire ha commentato infatti che il risultato è stato raggiunto “dopo 4 anni di combattimenti per la tassazione minima sulle aziende e i colossi digitali”, a evidenziare ancora di più come la lotta per questa causa non sia di certo cosa recente.
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La manovra potrebbe avere un impatto estremamente positivo anche per l’Italia: secondo l’Osservatorio Fiscale dell’Unione Europea, infatti, il nostro Paese potrebbe riscuotere un gettito pari a 2,7 miliardi di euro qualora il piano dovesse effettivamente entrare in vigore a livello mondiale.
Al momento il progetto della web tax per le multinazionali è stato siglato in forma di accordo, tuttavia è necessaria una sua riproposizione al G20 in programma per luglio. In ogni caso, serviranno ancora alcuni anni per una piena e completa attuazione della tassa, anche in virtù del fatto che sarà necessario superare le varie digital tax attualmente attive nei diversi Paesi interessati.
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