Nell’ambito di due esperimenti condotti dall’Università della Florida e dall’Università del Wyoming, stanno per essere inviati orsi d’acqua e calamari sulla Stazione Spaziale Internazionale attraverso la navetta Dragon della SpaceX. L’obiettivo? Studiare la loro adattabilità in condizioni estreme, con importanti conseguenze nello studio della salute degli astronauti impegnati in lunghe missioni spaziali
Una delle problematiche più grandi che gli astronauti devono affrontare nel corso delle proprie missioni spaziali riguarda ovviamente l’adattamento all’ambiente che li circonda. Lo Spazio, come è noto, possiede caratteristiche fisiche e climatiche molto diverse dalla Terra: una su tutte la gravità, che impatta sulla motricità dell’essere umano con una riduzione della massa muscolare e della massa ossea.
Sopravvivere nel corso delle missioni spaziali ad oggi richiede ulteriori studi, per quanto quelli finora conditti abbiano portato a notevoli passi in avanti nella sicurezza degli astronauti. Resta però il grande interrogativo delle missioni spaziali di lunga durata, per le quali sono necessarie profonde ricerche: queste missioni infatti rappresenteranno il prossimo futuro delle esplorazioni nello Spazio e sarà indispensabile farsi trovare pronti per le nuove sfide in arrivo.
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Entro il 3 giugno, la navetta Dragon della SpaceX condurrà sulla Stazione Spaziale Internazionale un carico di cento calamari luminescenti e di oltre 5.000 orsi d’acqua, più propriamente chiamati tardigradi. E’ l’obiettivo di un’ambiziosa missione che condurrà gli esperti a studiare l’adattabilità di questi piccoli esseri viventi nello Spazio: missione che verrà condotta attraverso due principali esperimenti.
Il primo, chiamato Umami e progettato dalla ricercatrice Jamie Foster dell’Università della Florida, si occuperà di effettuare rilevazioni sui calamari luminescenti. Appartenenti alla specie Eupryma scolopes, essi sono in grado di emettere luce al buio grazie alla presenza nel loro organismo di un batterio bioluminescente. Lo studio permetterà di comprendere se la vita nello Spazio altera questo meccanismo biologico, con conseguenti sviluppi anche sulla salute dell’essere umano.
Il secondo, chiamato Cell Science-04 e progettato da Thomas Boothby, ricercatore dell’Università del Wyoming, si occuperà al contrario dei tardigradi, chiamati comunemente “orsi d’acqua”. Questi piccoli invertebrati possiedono una caratteristica unica, vale a dire la capacità di sopravvivere in condizioni ambientali estreme: per fare un esempio, riescono a sopravvivere cinque anni in totale disidratazione e possono resistere ad altissimi livelli di radiazioni, anche di molto superiori ai valori soglia per l’essere umano. Per gli orsi d’acqua si cercherà di identificare i geni che permettono tale sopravvivenza spinta.
In merito in particolare ai tardigradi, si è così espresso Thomas Boothby: “Potremmo imparare qualche trucchetto che usano i tardigradi e adattarlo per la salvaguardia degli astronauti”.
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Non si tratterà in ogni caso degli unici esperimenti nel corso della missione: l’esperimento Kidney Cells-02 infatti permetterà di studiare un metodo di prevenzione dei calcoli renali, problema attuale e frequente per gli astronauti, tramite la creazione di un mini-rene in 3D su un chip. L’esperimento TIC TOC invece studierà lo sviluppo delle radici per la pianta del cotone in condizioni di microgravità: questo porterà a potenziali innovazioni nella coltura, con la creazione di nuove varietà che richiedano meno acqua e pesticidi.
Fonte: ANSA
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