“Nei server di Google e Facebook ci sono nostri avatar che indirizzano il marketing” rivela un ex dipendente, che ci spiega come la pubblicità arriva sui nostri smartphone
A chi non è mai capitato di parlare con un amico di qualcosa di bizzarro e poi, come per magia, trovarsi la pubblicità proprio di quell’oggetto, che mai avevamo cercato sul web, direttamente sui propri social o tra le réclame di Google?
Quante mail arrivate relative ad una discussione avvenuta poco prima?
Si chiama Marketing, non spionaggio come alcuni sostengono.
In altri tempi, la colpa sarebbe stata della vicina impicciona che sta alla finestra a guardare la via (come quella di Sabrina Vita da Strega, ve la ricordate? mentre il marito faceva le parole crociate),mentre oggi viene riproposta agli smartphone o agli assistenti digitali come Alexa (A tal proposito, leggete questo articolo interessante riguardante la vera identità di Alexa ), Siri o Echo.
In tanti sono convinti che i cellulari o i gadget che utilizziamo inviino segretamente le nostre conversazioni a Big Tech, che poi le sfrutterebbe per proporci pubblicità super efficaci.
Segretamente? è davvero così?
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Sono molti i video su YouTube dedicati interamente a questo complotto ordito alle nostre spalle: una sorta di ‘Le vite degli altri’ in salsa commerciale. La realtà è un po’ diversa, anche se per alcuni versi potrebbe risultare perfino più inquietante.
Ma andiamo con ordine, in modo da non mischiare le carte.
Intanto c’è da capire, su basi scientifiche, se i telefonini ci ascoltano per davvero.
Avete presente quando, parlando di questo, avete subito coperto i microfoni? o quando presi dall’ansia, avete coperto (come noi d’altronde) la fotocamera del vostro laptop?
Nel 2019 gli esperti di Wandera, società israeliana con base a Londra che si occupa di cybersicurezza e che proprio pochi giorni fa è stata acquistata da Apple per 400 milioni di dollari, hanno voluto mettere alla prova la lealtà degli smartphone.
I ricercatori hanno posizionato un cellulare Samsung e un iPhone, con tutti i permessi privacy sbloccati, in una stanza dove per 30 minuti sono state fatte ascoltare pubblicità di cibo per cani e gatti.
In un’altra camera una coppia identica di smartphone è stata lasciata nell’assenza totale di suono.
Sui telefonini erano state installate le app di Facebook, Instagram, Chrome, SnapChat, YouTube, e Amazon. L’esperimento è stato ripetuto per tre giorni consecutivi.
I risultati? Nessuna pubblicità di crocchette, scatolette o accessori per animali è stata visualizzata sui social o durante la navigazione.
L’uso di batterie o di banda non ha rivelato alcuna differenza tra i cellulari esposti alle pubblicità e quelli nella stanza silenziosa. Il microfono quindi non si è mai attivato e nulla è stato registrato di nascosto.
Ma allora perchè gira questa nomea? e perchè noi effettivamente troviamo sui nostri telefoni pubblicità di oggetti di cui abbiamo discusso poco prima?
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“So per certo, e le prove scientifiche lo dimostrano, che Big Tech non vi ascolta attraverso i microfoni dei cellulari. Sapete come fa? Nei loro server” spiega Tristan Harris, un ex dipendente di Google che ha fondato il Center for Humane Technology “c’è una piccola bambola voodoo con le vostre sembianze, un avatar. Le grandi società della Silicon Valley non hanno bisogno di ascoltare quello di cui parlate, perché hanno accumulato, e continuano a farlo, un’enorme quantità di dati su di voi, memorizzando tutti i vostri clic e like. Questo fa sì che la bambola voodoo agisca sempre di più proprio come fareste voi”.
L’intelligenza artificiale ha portato questa tecnologia ai suoi massimi.
Gli algoritmi, che oltre ai ‘mi piace’ dragano qualunque tipo di dato, tra cui quelli relativi alla geolocalizzazione o in che modo muovete il dito sullo schermo, sono anche in grado di far interagire diversi avatar per scoprire cosa ci potrebbe interessare.
Quindi nessuno vi ascolta dal vostro smartphone.
In parole povere possono simulare il dialogo che potremmo avere con un nostro amico, che magari qualche giorno prima aveva cercato sul web ‘chiodi a espansione’, e proporre anche a noi pubblicità sul trekking, nonostante la vetta più alta che abbiamo mai scalato sia quella del nostro divano.
“Questi software sono così potenti” conclude Soteris Demetriou, esperto di pubblicità mobile dell’Imperial College “che sanno quello che potrebbe interessarci perfino prima di noi”.
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