Un’ottima notizia quella di oggi, che potrebbe rivelarsi la “cura” che spegne definitivamente il cancro.
I tumori si possono spegnere come una lampadina.
Un nuovo «interruttore» per «pensionare» le cellule anzi tempo, evitandone la replicazione incontrollata come accade nel cancro, è stato scoperto dal Gruppo di Biologia cellulare del Dipartimento di Area Medica dell’Università di Udine.
Dalla ricerca sulle malattie genetiche rare, infatti, arriva un’importante scoperta sui meccanismi che regolano la crescita tumorale.
Una sorta di meccanismo in grado di spegnere le cellule tumorali, evitando così che si moltiplichino fino a formare di nuovo una massa cancerogena.
Effettuata dal gruppo di ricerca guidato da Andrea Ballabio, direttore dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Napoli e Professore Ordinario di Genetica Medica all’Università Federico II di Napoli, in collaborazione con ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia, la ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Genome Biology, del gruppo editoriale Springer-Nature.
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In cosa consiste la ricerca per spegnere i tumori
“Acquisire conoscenze sulla regolazione epigenetica della senescenza è fondamentale per poter sviluppare promettenti approcci terapeutici destinati a colpire malattie come il cancro o patologie legate all’età”, ha spiegato Claudio Brancolini, coordinatore del Gruppo di ricerca, ricordando il contributo dato allo studio dagli scienziati dell’Università La Sapienza di Roma e il sostegno di Sarcoma Foundation of America e del progetto Epic Interreg Italia-Austria.
“Questa è una storia che parte da lontano” spiega in aggiunta il professor Andrea Ballabio “e in particolare dal nostro “storico” interesse per quegli organelli cellulari chiamati lisosomi che sono coinvolti in un ampio gruppo di malattie genetiche rare, quelle da accumulo lisosomiale appunto. In queste gravi patologie, a causa di un difetto genetico, i lisosomi non svolgono a dovere il loro compito, ovvero quello di neutralizzare, grazie al loro ampio corredo di enzimi, le sostanze di scarto: il risultato è che queste sostanze si accumulano nelle cellule, danneggiandole irreversibilmente. Studiando il funzionamento dei lisosomi abbiamo però scoperto che questi organelli non sono dei semplici “spazzini”, ma dei fini regolatori del nostro metabolismo”.
Nel 2009, infatti, il direttore del Tigem e il suo team hanno descritto per la prima volta in una intervista, un gene chiamato TFEB che è in grado di regolare da solo l’attività di molti altri geni coinvolti sia nella produzione sia nel funzionamento dei lisosomi.
“Ci siamo resi conto da subito” continua Ballabio “di essere di fronte a un meccanismo di “pulizia” delle nostre cellule assolutamente nuovo e finemente regolato, potenzialmente sfruttabile per evitare l’accumulo di sostanze tossiche tipico di svariate malattie degenerative, di origine genetica ma non solo”.
Gli studi successivi condotti al Tigem hanno infatti confermato che i lisosomi funzionano come veri e propri termovalorizzatori, degradando le molecole già utilizzate e ormai inutili per ricavarne energia.
E se è vero che si tratta di una condizione fisiologica legata in parte all’avanzare dell’età, la senescenza cellulare è anche un vero e proprio salva-vita: di fronte a mutazioni del DNA, capaci per esempio di provocare malattie come il cancro, il fatto di mandare una cellula in arresto proliferativo anzi tempo, interrompendone il ciclo vitale, consente di scongiurarne la proliferazione incontrollata permettendo così all’organismo di difendersi con efficacia da attacchi potenzialmente mortali.
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La scoperta è stata commentata anche da Eros Di Giorgio, ricercatore Airc.
“Fino a questo momento si pensava che questo processo fosse soltanto un meccanismo di allarme, per spronare il sistema immunitario a riconoscere le cellule invecchiate e ad eliminarle così da promuoverne il ricambio. Oggi sappiamo che, oltre a questo, c’è soprattutto la necessità di mantenere la cellula il più possibile integra ed in buona salute bloccando così l’accumularsi di alterazioni che alla lunga sono responsabili del cancro”.
Una scoperta che merita la pubblicazione sull’autorevole rivista Science e contribuisce a posizionare la ricerca italiana indipendente tra le eccellenze del panorama scientifico internazionale.