Il fondatore di Tesla fa retromarcia sui Bitcoin a causa della preoccupazione per l’utilizzo di fonti fossili nella produzione, annunciando che il gruppo non li accetterà più
Brusco crollo per il Bitcoin: la criptovaluta e’ scesa sotto la soglia dei 50mila dollari e scambia ora in calo del 12% a 49.312 dollari sui minimi dal marzo scorso dopo aver toccato un minimo a 46.331 dollari.
Su Twitter il padron di Tesla ha mostrato preoccupazione per l’utilizzo di fonti fossili nella produzione del bitcoin, annunciando che il gruppo non lo accetterà più come forma di pagamento delle auto del marchio, preferendo eventuali altre criptovalute che generano minore inquinamento.
“Le criptovalute sono una buona idea su molti livelli” ha scritto Musk “e riteniamo che abbiano un futuro promettente, ma questo non puo’ avvenire a spese dell’ambiente.”
Musk, precisando che non venderà i Bitcoin che possiede, ha detto che intende “tornare a usarli non appena la loro transazione sara’ piu’ sostenibile“, intanto preferira’ criptovalute con minor impatto ambientale.
Nel febbraio scorso Tesla aveva annunciato di aver acquistato 1,5 mld di dollari in bitcoin, cosi’ come la decisione di accettarli come forma di pagamento.
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Come si producono i Bitcoin
Il processo di generazione dei bitcoin prevede la risoluzione di calcoli estremamente complessi che richiedono computer molto potenti e processori ad alte prestazioni, che porta quindi ad un aumento dell’uso dell’energia elettrica, che a ruota porta ad un maggior inquinamento.
Ecco perchè Elon Musk ha deciso di tagliare i ponti con questo tipo di pagamento.
Il ‘mining’ del bitcoin, letteralmente l’estrazione della criptovaluta, richiede dunque l’utilizzo di una sorta di supercomputer, equipaggiati con decine di processori, e che richiedono sistemi di raffreddamento molto efficienti e avidi di energia, indispensabili per evitare il surriscaldamento delle macchine e causarne una prematura dipartita.
Secondo un team di ricercatori dell’Università di Cambridge, l’elaborazione a livello mondiale della moneta consuma una quantità di energia elettrica pari al fabbisogno dell’intera Argentina.
La brusca caduta che poi si è attestata ad un calo dell‘8% è del resto considerata da sempre un investimento a rischio.
Proprio recentemente la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) italiana e Banca d’Italia hanno richiamato l’attenzione, in particolare quella dei piccoli risparmiatori, sugli elevati rischi connessi con l’operatività in cripto-attività (crypto-asset) che possono comportare la perdita integrale delle somme di denaro utilizzate.
Soprattutto se non si è molto ferrati nel settore, è meglio essere seguiti da persone competenti e non investire tanto per.
Il richiamo, che fa seguito ad analoghe iniziative già prese in passato, si legge in una nota “si rende opportuno in attesa che venga definito un quadro regolamentare unitario in ambito europeo”.
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Perchè il NO di Musk vale così tanto
L’ultima uscita di Elon Musk ha posto l’attenzione sui costi energetici, aprendo gli occhi a tutti coloro che pensavano che dietro alle criptovalute ci fossero prati fioriti ed uccellini.
Ma non tutte le valute virtuali hanno costi ambientali.
Alcune anzi hanno iniziato proprio a rivendicare il proprio impegno green e sociale, come SolarCoin, lanciata per premiare la produzione di energia solare, o di CureCoin è un’altra cripto-valuta che si basa su tecnologia blockchain, progettata per sostenere la ricerca scientifica sul cancro, sull’Alzheimer, sul Covid, e su altre patologie considerate le malattie del secolo.
Il calo del bitcoin ha travolto a Wall Street anche altre valute virtuali, ad esempio il Dogecoin che è arrivato a perdere il 15% dopo il voltafaccia di Elon Musk sull’uso delle criptovalute, una figura molto importante nell’economia.
La moneta virtuale il cui logo si rifà ad un meme di internet che rappresenta un cane Shiba Inu si è deprezzata fino a toccare i 40 centesimi a moneta.