Uno strumento utile per individuare i pazienti, in una fascia d’età 18-79 anni, che hanno la priorità assoluta alla somministrazione del vaccino anti Covid in base al proprio profilo clinico.
La priorità della somministrazione del vaccino, in Italia, si è decisa non tramite un algoritmo, ma tramite “buonsenso”.
I primi sono stati coloro che lavorano nelle strutture sanitarie e quindi hanno più probabilità di incontrare il virus.
Dopo di loro, gli over 80, la categoria più a rischio, e ora il personale delle scuole.
Ma dopo? Chi avrà la precedenza? Ed ecco che la scienza, scende ancora in campo.
È pronto un algoritmo che, incrociando età e storia clinica grazie all’intelligenza artificiale, stabilisce se un cinquantenne a rischio dovrà essere vaccinato contro il Covid-19 prima di un ottantenne in buona salute.
Algoritmo per il vaccino anti Covid-19
Lo strumento, Sviluppato da Gianni Corrao, professore di Statistica medica all’Università Milano Bicocca, insieme ai professori e medici internisti dell’Ateneo, attribuisce a ogni cittadino il grado di vulnerabilità al Covid.
E lo fa in base al loro profilo clinico, individuando così per nome e cognome le persone dai 18 ai 79 anni che hanno la priorità al vaccino.
Al momento adottato solo dalla Lombardia, l’utilizzo dell’algoritmo anche da altre Regioni o a livello nazionale, potrebbe rappresentare una sorta di rivoluzione.
Soprattutto considerando l’attacco tecnico che il governo sta portando avanti da un anno, contro il virus. Non troppo efficace.
E’ necessario vaccinare tutti al più presto se si vuole tornare alla normalità.
Individuando, infatti, prima che vengano colpiti, i pazienti fragili a prescindere dalla loro età anagrafica, e vaccinandoli subito, si potrebbero evitare ricoveri, intubazioni e morti.
O, in ogni caso, evitare la ventilazione assistita “che sarebbe già un grosso risultato”, ha commentato Corrao.
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Chi ha partecipato allo sviluppo dell’algoritmo
Per la realizzazione di questo strumento, sono stati analizzati i dati di cinque Regioni a rischio.
Oltre alla stessa Lombardia, anche quelli di Valle d’Aosta, Marche, Puglia e Sicilia, per un totale di circa 16 milioni di persone, ovvero un quarto della popolazione italiana.
Gli esperti, nel mettere a punto l’algoritmo, hanno calcolato l’indice di fragilità del paziente.
Ovvero hanno incrociato le informazioni della Banca dati con quelli delle Regioni, anche se sappiamo quanto siano poco accurati.
Ovvero i flussi di sorveglianza dei tamponi, dei ricoveri e anche dei decessi causati dal Covid, sia nel corso della prima sia della seconda ondata di contagi. Ora con la terza ondata, si avrà sicuramente un dato più preciso su cui lavorare.
Non bisogna essere uno scienziato infatti, per notare come nel 2021, stesso periodo dello scoppio della pandemia (marzo 2020 i primi casi “certi” senza contare il tempo in cui il virus ha camminato indisturbato per l’Italia) siamo tornati al 2020.
Condizioni patologiche da tener a mente
L’algoritmo ha così permesso di identificare 23 condizioni patologiche che, escludendo l’età e il genere, sono risultate indicative per il rischio clinico legato al Coronavirus.
Tra quelle che hanno causato ricoveri e decessi, sono emerse patologie quali i disturbi mentali (per ragioni comportamentali e trattamenti farmaceutici).
Poi la gotta, malattie che prevedono l’uso di farmaci per il dolore cronico (oppioidi). Ancora malattie neurologiche come epilessia e Parkinson. E patologie che richiedono trattamenti prolungati con corticosteroidi come l’artrite reumatoide e il lupus, o ancora le anemie.
Delle 23 patologie che possono influenzare l’evoluzione dell’infezione da Covid fanno parte anche il diabete, le patologie vascolari, quelle respiratorie, la cirrosi epatica e le cronicità del rene.