Microsoft ha brevettato un sistema di chatbot che ci farà parlare coi defunti.
Ora parlare con le persone a noi care ormai scomparse, sarà “possibile”., anche parlare con personaggi storici come Maria Antonietta o Giulio Cesare.
Sembra fantascienza, invece sono solo alcune delle operazioni che promette di consentire un innovativo sistema di intelligenza artificiale progettato da Microsoft.
Questo chatbot, naturalmente, potrebbe andare a imitare non solo persone vive, ma anche defunte, con tutte le complicazioni etiche a cui possiamo pensare.
Il tutto parte dalla creazione di un bot basato su immagini, voce, post sui social media, messaggeria elettronica di vario tipo, e una sequela di informazioni personali. Più ne saranno immesse, più il sistema potrà elaborare una “personalità virtuale” quanto più possibile vicina all’originale.
Come funziona?
Utilizzare i dati degli individui, come per esempio «immagini, registrazioni vocali, post sui social, messaggi elettronici, lettere scritte, eccetera», per «allenare un chatbot (un software progettato per sostenere conversazioni con esseri umani ) a dialogare assumendo la personalità della specifica persona». E la mente non può che andare ai celebri avatar di James Cameron. Come in un film.
Naturalmente il chatbot non sarà, all’occorrenza, solo vocale, ma potrà prendere forma in modelli 2D e 3D di varia foggia e natura, realistica o cartoonesca.
Riferimenti a Black Mirror
Nell’episodio Torna da me una ragazza di nome Martha, dopo aver perso il fidanzato Ash in un incidente stradale, interagisce con un suo clone creato proprio da un servizio online a partire dai dati rimasti sui suoi profili social.
Ma con il chatbot di Microsoft ci sarebbero anche altre possibilità.
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Come si legge sul brevetto, infatti, l’individuo virtuale potrebbe corrispondere non solo a un’«entità del passato», ma anche a una persona ancora in vita come «un amico, un parente, un conoscente o una celebrità».
Oppure, in casi un po’ problematici, anche a se stessi.
Facile immaginare quante implicazioni a livello di privacy comporterebbero tali procedimenti, a partire da un’adeguata espressione del consenso da parte degli interessati.
Ma non solo: a livello emotivo? Cosa implicherebbe incontrare di nuovo una persona amata e purtroppo venuta a mancare, sapendo che non è realtà?
In alternativa, sarebbe comunque anche possibile ideare un interlocutore immaginario con un carattere da modellare da zero.
Un amico costruito su carta, per esempio.
Proprio in quest’ottica, qualora il sistema non disponesse di abbastanza elementi per formare la personalità richiesta, li trarrebbe da profili giudicati affini.
Ma non è finita qui, perché proprio come in Black Mirror, Microsoft ha pensato anche a come dare forma al clone anche dal punto di vista fisico, prefigurando in tal senso l’utilizzo di «modelli 2D o 3D» che «potrebbero essere generati usando immagini, informazioni di profondità e/o dati video associati alla specifica persona».
Ma una persona riuscirebbe a dissociare il clone dalla realtà?
Tutte ragioni che fanno ben comprendere come mai Microsoft sia intenzionata a non tramutare il brevetto in un prodotto commerciale.
Il fatto comunque che gli esperti del settore siano ormai in grado di progettare simili tecnologie dà la misura delle enormi potenzialità già raggiunte dell’intelligenza artificiale, definita non a caso dal Ceo di Google Sundar Pichai «più importante del fuoco e dell’elettricità».