Da una ricerca di Harvard è emerso un progetto estremamente curioso: l’utilizzo di un banco di pesci robot per salvare la barriera corallina. Ecco come potrebbe funzionare
Negli ultimi anni la ricerca in campo tecnologico ha compiuto passi da gigante, introducendo sempre di più nella vita quotidiana e perfino nel contatto con la natura strumenti tecnologici in grado di intervenire e migliorare la qualità della vita. Parliamo ad esempio delle intelligenze artificiali, che permettono alla macchina di elaborare moli di dati enormi e di proporre soluzioni simili a quelle raggiungibili dall’intelletto umano.
Un fronte su cui la ricerca tecnologica sta avanzando molto velocemente è quello dei robot: non a caso, ci si sta specializzando sempre di più nella creazione di macchinari autonomi in grado di svolgere mansioni complicate e molto difficili per l’uomo. I robot stessi potrebbero inoltre assumere il ruolo di salvaguardia dell’ecosistema terrestre, ed è per questo che una ricerca di Harvard si è focalizzata sullo sviluppo di pesci robot.
Un team di studiosi di Harvard ha collaudato un sistema di pesci robot in grado di muoversi assieme in banco. I pesci, stando a quanto riportato dallo studio, non sarebbero comunicanti l’uno con l’altro: ciò che permette di navigare tutti assieme è il meccanismo di coordinamento implicito. In poche parole, ogni pesce-robot riesce a vedere quello che fa il proprio “vicino”, e si comporta di conseguenza copiandone le movenze e la traiettoria.
Secondo quanto affermato dagli studiosi in un’intervista pubblicata su Science Robotics, è la prima volta nella storia in cui si riesce a inserire il coordinamento implicito in un sistema complesso di robot sottomarini. Il risultato è che il banco di pesci si muove a tutti gli effetti come un vero banco di pesci in natura, coordinandosi in maniera fluida e totalmente slegata da controlli esterni.
Lo sviluppo di questa tecnologia è senz’altro affascinante, soprattutto perché colpisce l’estrema somiglianza con la controparte naturale e “vera”. Ma ciò che deve sorprendere ancora di più sono le possibili applicazioni della tecnologia.
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Infatti, i robot sono adoperati di solito per arrivare in zone complicate, dove l’uomo difficilmente potrebbe arrivare o comunque sarebbe costretto a operare con grandi limiti e pericoli. I robot, al contrario, possono essere impiegati in ambiti difficili: nelle zone sottomarine, nel nostro caso, il banco di pesci robot consente di agire autonomamente anche senza GPS o connessione Internet.
Lo sciame, denominato Blueswarm, è stato sviluppato nei laboratori di Radhika Nagpal. Ogni singolo pesce si chiama Bluebot e agisce secondo la visione delle luci blu: in questo modo, tramite un apposito algoritmo il robot riesce a visionare le distanze e ad interagire con gli altri pesci del banco, andando a creare in totale autonomia flussi di spostamento circolari, aggregazioni o dispersioni. L’impiego potrebbe essere la salvaguardia di ambienti sottomarini, come la barriera corallina, nonché nel monitoraggio di altri ecosistemi subacquei fragili.
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