Le applicazioni “Cash For SMS” cessano i guadagni, AGCOM interviene per bloccare la vendita illecita

Troppe criticità. In primis, ma non solo, la violazione del contratto tra l’utente privato e il gestore telefonico. E’ questa la risposta definitiva di AGCOM nei confronti del cash for sms, tramite il quale e attraverso delle applicazioni ad hoc, si consente ai privati titolari di contratti di telefonia mobile di cedere, dietro compenso, gli sms non consumati.

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La diffusione di queste app ha destato da tempo l’occhio vigile dell’Autorità Garante, in quanto il cash for sms viene utilizzato dalle società che gestiscono le applicazioni per fornire servizi di messaggistica aziendale, in violazione della normativa vigente.

Con questa pratica le società che gestiscono le applicazioni inviano gli Sms con il numero telefonico degli utenti finali che glieli hanno venduti. Di conseguenza, la responsabilità del contenuto dei messaggi inviati è dei titolari del numero. Altra criticità, i gestori delle applicazioni non pagano i dovuti prezzi di terminazione degli sms.

Il piano dell’AGCOM in quattro punti

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AGCOM dice no al Cash for Sms – MeteoWeek.com

Da qui le conseguenze dell’AGCOM, che ha svolto delle attività di vigilanza condotte sulle app “Cash4SMS”, “SimCash.io”, “Coinbox”, “SMSCashback”, e simili, evidenziando che tali applicazioni, riconducibili a società prive di un titolo abilitativo per fornire servizi di comunicazione elettronica in Italia, consentono agli utenti finali di servizi mobili e personali di cedere, dietro compenso, gli sMS non utilizzati nell’ambito delle offerte sottoscritte con i rispettivi operatori.

Tali quantitativi di SMS – prosegue la nota ufficiale dell’AGCOM – sono poi utilizzati dalle medesime società per servizi di messaggistica aziendale che le stesse forniscono con modalità non conformi alla legislazione vigente, nonché alle delibere dell’Autorità”.

Il Consiglio dell’Autorità, pertanto, ai sensi dell’articolo 98-decies, comma 2 del Codice delle comunicazioni elettroniche, ha definito un piano di interventi da comunicare agli operatori in quattro punti.

Il primo è il più importante: il blocco delle applicazioni mediante l’inibizione all’accesso agli indirizzi (URI e IP) dei rispettivi portali. “Qualora le app – specifica l’AGCOM – in questione risultino disponibili su piattaforme o su ulteriori siti Web non proprietari ma riconducibili a soggetti terzi (anche attraverso semplici link di indirizzamento ai siti proprietari), non potranno essere praticati interventi di oscuramento generalizzato delle piattaforme e dei siti “ospiti”.

Il secondo punto riguarda l’avviamento delle interlocuzioni più opportune con i titolari delle piattaforme o dei siti web, ai fini della rimozione selettiva di tali contenuti. “Qualora siano individuate nuove App o siti Web riconducibili – spiega sempre l’AGCOM – alla stessa fattispecie, ma non ancora oggetto di accertamento, l’operatore non potrà adottare alcun intervento nei confronti delle stesse, ma sarà tenuto a segnalarle all’Autorità”.

Il terzo punto del piano dell’AGCOM è quello relativo all’impegno per gli operatori a monitorare gli effetti delle misure adottate, fornendo tempestiva informativa, adottando apposite iniziative di comunicazione dirette ai propri clienti e agli utenti in generale, quali ad esempio banner o pagine dedicate al tema sui propri siti Web o SMS informativi, che informino i consumatori sulla natura illecita di tali servizi e sui rischi connessi all’adesione a tali iniziative.

Gli operatori ora sono tenuti a comunicare prontamente all’Ufficio vigilanza e controversie in materia di servizi di comunicazioni della Direzione Reti e Servizi di Comunicazioni Elettroniche gli esiti delle attività e delle iniziative poste in essere in conformità al predetto piano di interventi. Così è deciso.

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