Match Group, ovvero la società che gestisce Tinder, ha esposto una denuncia nei confronti di Google per l’imposizione del proprio sistema di pagamento sulle suddette app ospitate sul Google Play Store. Da quel che si è capito sembra che sia un vero e proprio abuso di potere, ma come è nata questa situazione alquanto spiacevole?
Match Group, in merito alla faccenda, mette subito in chiaro che: “Il requisito di Google elimina la scelta dell’utente sulle app Match Group e aumenta i costi per i consumatori consentendo a Google di addebitare a Match Group una tassa arbitraria e discriminatoria del 15% su tutti gli abbonamenti e fino al 30% su tutti gli altri acquisti in-app, per un importo di centinaia di milioni di dollari in commissioni gonfiate, mentre si monetizzano i dati personali di miliardi di utenti di app digitali“.
La compagnia, dunque, afferma che se dieci anni fa Google poteva essere ritenuto un partner, oggi ha invece delle sembianze ben diverse, ovvero quelle dell’aguzzino. In sostanza gli utenti preferiscono le opzioni di fatturazione di Tinder rispetto a quelle di Google, ma la compagnia la pensava in maniera diversa. Lo spiega Shar Fubey, il CEO di Match Group, il quale afferma: “È una misura di ultima istanza. Abbiamo cercato, in buona fede, di risolvere questi problemi con Google, ma la loro insistenza e le minacce di rimuovere le app dei nostri marchi dal Google Play Store entro il 1 giugno non ci hanno lasciato altra scelta che intraprendere un’azione legale“.
L’ultimatum di Google
In base a quanto dichiarato dai creatori di Tinder, la casa di Mountain View le aveva assicurato che avrebbe potuto usare i propri sistemi di pagamento per gli acquisti in-app. In seguito, Google, ha imposto l’uso esclusivo del sistema di fatturazione Google Play: se Match Group non si adeguerà entro il 1 giugno, lansocietà rimuoverà le app di Match Group del Play Store rifiutando di principio ogni sorta di alternativa:
“Insistendo sull’uso esclusivo del proprio sistema di fatturazione, Google cerca di inserirsi come intermediario tra utenti e sviluppatori, impedendo a Match Group di assistere direttamente i propri clienti su molte questioni importanti. Se Google fosse autorizzato a perseguire questa politica, Match Group subirebbe danni irreparabili alle relazioni con i clienti, alla reputazione, alle prestazioni aziendali e i suoi utenti sarebbero danneggiati dall’aumento dei prezzi e dalla monetizzazione dei loro dati da parte di Google“.
Sulla faccenda è intervenuta – ovviamente – anche Google stessa, sostenendo che
Match Group rispetta i requisiti per versare commissioni pari al 15% su ogni transazione, un valore che la società ritiene sia in assoluto il più basso tra le piattaforme. Viene pure sottolineato che l’apertura di Android permette a Match Group di distribuire in software tramite app store alternativi e sideload: “Questo è solo un proseguimento della campagna egoistica di Match Group per evitare di pagare per il valore significativo che ricevono dalle piattaforme mobili su cui hanno eretto la loro attività“.