Il trattamento delle lesioni spinali ha visto un contributo tecnologico propulsivo da parte dei ricercatori della Rutgers University
Un’ottima notizia giunge dal gruppo di ricerca della Rutgers Univeristy. Una realtà che è attivamente impegnata nello sfruttare le qualità intrinseche dell’intelligenza artificiale nel campo dei trattamenti ai pazienti con lesioni del midollo spinale.
Lo studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Advanced Healthcare Materials, fornisce un quadro dettagliato dell’interazione con la componente robotica e un enzima, il Condroitinasi ABC (ChABC). Un elemento che sarebbe in grado non solo di procedere alla degradazione del tessuto cicatriziale dovuto a delle lesioni del midollo spinale. Ma anche promuovere la successiva rigenerazione dei tessuti.
Alla base della ricerca ci sarebbe la possibilità di formulare proteine terapeutiche studiate specificatamente per questi casi, andando ad avvalersi dell’intelligenza artificiale e della robotica. Ma andiamo ad analizzare più da vicino quello che sono stati in grado di far emergere gli studi di settore. E anche le implicazioni mediche che avrà questa sensazionale scoperta, capace di dare una speranza a molti pazienti coinvolti in patologie di questa tipologia.
L’impiego dell’intelligenza artificiale nel trattamento delle lesioni del midollo spinale apre una nuova frontiera alle cure mediche del comparto
A comunicarci l’entusiasmo e la portata delle soluzioni emerse dalla ricerca è il capo del team del progetto nonché assistente professore di ingegneria biomedica presso la Rutgers School of Engineering (SOE) della Rutgers University-New Brunswick, Adam Gormley. L’utilizzo dell’enzima proteico è uno dei pochissimi casi in cui si è potuto infatti assistere all’impiego dell’intelligenza artificiale e la robotica per la formulazione di terapie di questa natura.
C’è da dire anche che la stretta connessione tra Gormley e la patologia che costringe molti pazienti su una sedia a rotelle, paralizzati da un certo punto del corpo in giù, è di natura strettamente personale. E’ proprio basandosi su un’esperienza molto vicina alla sua sfera degli affetti che ha deciso di dedicare il suo lavoro a una delle patologie tra le più disabilitanti per l’essere umano.
Lo studio quindi ha un carattere ancora più prezioso. Emerge dalla voce di uno dei membri del gruppo di ricerca, lo studente di dottorato in ingegneria biomedica presso Rutgers SOE Shashank Kosuri, il funzionamento e la meccanica del campo di applicazione.
Come riportato nella comunicazione, si intende agire direttamente sulle lesioni del midollo che causano la formazione di tessuti cicatriziali. Utilizzando copolimeri sintetici è possibile avvolgere enzimi come ChABC, che normalmente alla temperatura del corpo umano tendono a essere altamente instabili, e quindi a stabilizzarli.
Potendo portare la ChABC in forma attiva, e per un tempo prolungato, si prevedere di poter trattare i pazienti con cure più efficaci che possano restituire loro alcune funzionalità che si pensava perdute per sempre.