Dopo l’Australia, anche l’Europa subirà la marcia indietro per le notizie gratuite?
Avevamo affrontato l’argomento in questo articolo, ma riguardava solo l’Australia che, da un mese a questa parte, non vede più notizie provenienti da Google a meno che non siano a pagamento.
Ma sta succedendo la stessa cosa anche in Europa?
Probabile, viste le ultime notizie rilasciate da diversi editori a favore di questa nuova pratica.
Cosa succede e perchè Microsoft è coinvolto
Gli editori europei si uniscono a Microsoft e chiedono l’introduzione anche in Europa di un meccanismo in ‘stile Australia’ per costringere le Big Tech a pagare i contenuti delle notizie condivise sulle loro piattaforme.
Le associazioni degli editori europei (Emma, Enpa, Epc, Nme) e l’azienda informatica fondata da Bill Gates hanno concordato di lavorare insieme a una soluzione per garantire all’industria editoriale una remunerazione equa dei contenuti delle notizie che i giganti del web utilizzano sulle loro piattaforme accrescendo il proprio traffico e gli introiti pubblicitari.
Il meccanismo di arbitrato europeo dovrebbe “considerare il modello stabilito dalla legge australiana, che consente a un collegio arbitrale di stabilire un prezzo equo” per l’uso dei contenuti “sulla base di una valutazione dei benefici derivati da ciascuna parte“, nonché “i costi di produzione del contenuto e qualsiasi onere indebito” che imporrebbe un ulteriore costo, si legge in una nota degli editori.
Secondo gli editori Ue la normativa sul copyright, che costringe Google e altre piattaforme online a firmare accordi di licenza con musicisti, autori ed editori di notizie per utilizzare il loro lavoro, è insufficiente.
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Perchè è così importante pagare le notizie sulle piattaforme
La decisione di Facebook di limitare la visione e la condivisione delle news nazionali e internazionali in Australia in risposta alla proposta di legge del Paese che costringerebbe i colossi del web a pagare per la condivisione delle notizie è “molto dannosa”.
“L’Australia deve essere sostenuta nella sua lotta” a favore di un’equa remunerazione degli editori. Lo ha detto il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, in audizione alla commissione speciale contro la disinformazione del Parlamento Ue.
Della stessa opinione anche gli eurodeputati, che hanno rivolto un appello al commissario e all’intero esecutivo comunitario. “L’Ue – hanno detto – dovrebbe garantire che il giornalismo di qualità sopravviva e che i media continuino ad avere le risorse per indagare e combattere la disinformazione con notizie valide”.
L’Australia è andata molto più avanti di qualsiasi altro Paese nel tentativo di far pagare alle piattaforme digitali le notizie che ospitano.
La legge attualmente in discussione impone alle piattaforme digitali di stringere accordi economici con gli editori. Se le due parti non raggiungono un’intesa, la normativa prevede l’istituzione di un arbitrato che dirima la questione in maniera vincolante.
Secondo Google il sistema, oltre ad essere impraticabile, rappresenta una minaccia per internet.
Per questo l’azienda di Mountain View in primo momento aveva minacciato di smettere di operare in Australia, ma in seguito ha cambiato strada e ha raggiunto degli accordi con alcuni grandi editori come la News Corp di Rupert Murdoch.
Facebook, al contrario, ha visto attraverso la sua minaccia e ha impedito ai suoi utenti di condividere i contenuti delle notizie australiane.
“Le piattaforme online svolgono un ruolo fondamentale nel nostro dibattito pubblico e devono adottare misure sostanziali per evitare che la disinformazione dannosa e pericolosa, sia interna che straniera, minacci la nostra comune lotta contro il virus, soprattutto quando si tratta di vaccinazioni”
In questi giorni, la vicepresidente della Commissione Ue discuterà la questione al Consiglio Affari generali.