Uno studio molto ben approfondito da parte di un team dell’Università del Texas potrebbe rappresentare una svolta nella lotta alla plastica che sta causando non pochi problemi a tutto il nostro Pianeta.
Gli scienziati del team statunitense, il cui studio è stato pubblicato dalla rivista Nature, hanno avuto un altro approccio nel combattere questo gravissimo problema. Un punto di partenza diverso, un focus sulla decomposizione artificiale basata sugli enzimi.
I rifiuti di plastica rappresentano certamente una delle sfida più complicate del terzo millennio, si sono mosse perfino le Big Tech come Google, Apple, Samsung e molti altri, cercando la creazione di un mondo più eco-sostenibile, limitando al massimo la plastica.
Il primo passo: la tecnologia utilizzata è stata brevettata
Il degrado enzimico, in tal senso, offre un percorso, potenzialmente ecologico e scalabile, per il riciclaggio dei rifiuti di poliesteri. Il team dell’Università del Texas parte dal presupposto che il poli(etilentereftalato) (PET) rappresenta il 12% dei rifiuti solidi globali e un’economia circolare del carbonio per il PET è teoricamente raggiungibile attraverso una rapida depolimerizzazione enzimatica seguita da ripolimerizzazione o conversione/valorizzazione in altri prodotti.
L’applicazione delle idrolasi PET, tuttavia, è stata ostacolata dalla loro mancanza di robustezza al pH e agli intervalli di temperatura, velocità di reazione lente e incapacità di utilizzare direttamente plastica post-consumo non trattata.
“Abbiamo utilizzato un algoritmo di apprendimento automatico basato sulla struttura per progettare un’idrolasi PET robusta e attiva”, spiega il team dell’Università del Texas. Che si spiega così: “La nostra combinazione mutante e scaffold contiene cinque mutazioni rispetto alla PETasi di tipo selvaggio e mostra un’attività idrolitica PET superiore rispetto alle alternative wild-type e ingegnerizzate 12tra 30 e 50 °C e una gamma di livelli di pH.
Con questo studio, gli scienziato vogliono dimostrare che il PET post-consumo non trattato di 51 diversi prodotti termoformati può essere quasi completamente degradato da FAST-PETasi in 1 settimana.
Il FAST-PETase può anche depolimerizzare porzioni amorfe non trattate di una bottiglia d’acqua commerciale e un’intera bottiglia d’acqua pretrattata termicamente a 50 ºC. “Abbiamo dimostrato il nostro processo di riciclaggio del PET a circuito chiuso – continua il report – utilizzando FAST-PETasi e risintesi PET dai monomeri recuperati. Nel complesso, i nostri risultati dimostrano una via praticabile per il riciclaggio enzimatico della plastica su scala industriale”.
La tecnologia utilizzata dal Team dell’Università del Texas, è stata brevettata: il prodotto della decomposizione è un qualcosa che consente di risparmiare risorse. Ora la parte più importante, la messa in pratica.