La Commissione Europea chiede l’intervento della WTO a supporto delle aziende e della loro legittima richiesta di difendere i brevetti registrati
Questa volta il governo di Pechino dovrà misurarsi con un nuovo fronte. Non era sufficiente la chiusura dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti. A sentire minacciati i propri interessi sono ora i paesi membri della Comunità Europea, e nello specifico le aziende che oggi sviluppano brevetti nel comparto dell’high-tech. E non solo. Il focus si concentra in special modo su quelli che sono considerati essenziali standard nel campo della connettività, per le reti 2G, 3G e 4G.
La Commissione Europea, in rappresentanza, non le manda quindi a dire, e per tutelare gli interessi delle figure coinvolte, si rivolge direttamente all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), chiedendo che venga fatta chiarezza su quanto sta accadendo in Cina, con l’adozione di sistemi molto lontani dal concetto di legalità internazionale.
Il caso è rimesso al giudizio dell’Organizzazione mondiale del commercio al quale viene richiesto il patrocinio su una materia molto delicata e rilevante
A suscitare le ire dell’ente europeo in difesa degli interessi legittimi legati alla licenza dei brevetti per tecnologie considerate fondamentali per i sistemi, soprattutto quelli di telefonia e interconnessione, sarebbe la politica di esclusivo appannaggio nazionale praticata del governo di Pechino.
Dal 2020 infatti starebbe adottando di fatto un comportamento vessatorio e coercitivo, che mira a tagliare le gambe ai meccanismi della normativa giuridica nelle aule di tribunale extra territoriali.
La Cina infatti avrebbe varato una serie di strumenti legislativi che di fatto impediscono alle aziende che sentono i loro diritti lesi, in temi di brevetti e licenze, di rivolgersi a tribunali che non siano appunto cinesi. I vertici del paese definiscono questa pratica come una formula cautelativa anti-querela. Se qualcuno ha facoltà di sceglie, in sostanza, sono solo i giudici locali, e poco importa se a finire nelle aule di tribunale siano argomenti che superano la sovranità nazionale. E che rischiano poi, se mal gestiti, di provocare incidenti diplomatici con conseguenze potenzialmente devastanti.
L’interruzione del flusso giuridico, eseguito con una forma di veto, sembra più un atto di piccata rivalsa, e blocca sostanzialmente la capacità di movimento delle società impegnate nel comparto tech.
La vicenda tuttavia è solo alla sua prima battuta. Sarà quindi l’Organizzazione mondiale del commercio ora a gestire questa bomba pronta a scoppiare tra le mani delle rispettive commissioni. Se sarà una nuova linea di trincea del paese asiatico è prematuro saperlo. La via del diritto e della diplomazia faranno il loro corso, nel tentativo di scongiurare conseguenze più pesanti in termini di rapporti commerciali e credibilità degli organi istituzionali.